Metodi e strumenti per l’insegnamento e l’apprendimento del latino
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dalla realtà e imbevuti di vacua retorica. Se negli istituti religiosi si
poteva ravvisare una degenerazione formalistica che sviliva l’uso
della lingua e i contenuti, ciò non significava però che il metodo
di insegnamento della lingua fosse inefficace. Gli illuministi, tutti
concentrati nella critica del presente, finirono per colpire, insie-
me ai contenuti delle opere in latino, prodotte dai discepoli delle
scuole religiose, anche il metodo “gesuitico”, che altro non era che
quello degli Umanisti, rielaborato dagli studiosi e dai pedagogisti
del XVI e XVII secolo (Miraglia,
2009, pp. 9-10).
A ciò si aggiunga la ricerca di un metodo scientifico da applicare in
ogni campo del sapere: per quanto riguarda le lingue classiche, gli
illuministi trovavano dei precursori nei grammatici di Port-Royal
(
cfr.
S. Rocca, Approfondimenti), a cui ben presto si aggiunsero
le ricerche della linguistica storica e della filologia classica che si
svilupparono ampiamente in Germania. Non si può dimenticare
l’apporto dato a queste discipline tra il XVIII e il XIX secolo da
J.G. Herder (1744-1803), con i suoi studi sulle caratteristiche delle
lingue, J.G. Hamann (1730-1788), che sull’origine del linguaggio
avviò una polemica accesa con Herder, e i precursori della filologia
moderna F.A. Wolf (1759-1824) e K.F.W. Lachmann (1793-1851).
Si andò affermando così un metodo che aveva come scopo quello
di formare una mentalità, per così dire, scientifica, cioè razionale
e sistematica, e un’attitudine al lavoro intellettuale, attraverso un
allenamento e una ginnastica mentale che sviluppassero le qualità
di applicazione, concentrazione, diligenza, insomma tutte quelle
qualità che sono necessarie per affrontare la fatica dello studio. La
Formale Bildung
consisteva, infatti, in una formazione del carattere
che doveva avere il suo esito principale nell’abitudine a uno studio
tenace e nell’acquisizione di capacità logiche che permettessero di
affrontare qualsiasi campo del sapere. In tal modo le lingue anti-
che non erano finalizzate alla conoscenza del patrimonio cultura-
le dell’antichità e della sua continuità nella cultura europea, ma
usate strumentalmente per sviluppare capacità di analisi sistemati-
ca e strumenti concettuali, applicabili allo studio della matematica
tanto quanto alla riflessione metalinguistica. In questo modo però
l’apprendimento delle lingue antiche veniva mortificato e i risulta-
ti negativi furono ben presto percepiti.
Già nella seconda metà del Settecento il filosofo tedesco J.G. Her-
der, appassionato di studi linguistici e autore, tra l’altro, di un im-
portante
Saggio sull’origine del linguaggio
(1772), si chiedeva quale