QD7 - Didattica del Latino - page 22

Metodi e strumenti per l’insegnamento e l’apprendimento del latino
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vivessero, né cosa si fosse un governo qualunque. Tutte le idee era-
no o circoscritte, o false, o confuse; nessuno scopo in chi insegna-
va; nessunissimo allettamento in chi imparava. Erano insomma
dei vergognosissimi perdigiorni” (Alfieri, 1790).
2.4.2
 Tra Cinque e Seicento: la querelle tra i porto-realisti
e i gesuiti
Intanto c’era stata una svolta importante. Il conflitto tra i gianseni-
sti delle
Piccole Scuole
di Port-Royal e i Gesuiti verteva, com’è noto,
sulla questione teologica del rapporto tra la grazia e il libero arbi-
trio, ma questo contrasto si rifletteva sul modo di intendere l’inse-
gnamento del latino. Da un lato, da parte dei porto-realisti, si vo-
leva una selezione severa dei testi antichi da proporre alla lettura
dei giovinetti, per natura inclini al male, e si applicava altrettanto
rigore nell’insegnamento della lingua, basato sulla concezione
astratta di una grammatica universale, che si tradusse nell’“analisi
logica”, applicata metodicamente a tutte le lingue. Da parte dei
gesuiti la cultura umanistica veniva vista in funzione della forma-
zione di una coscienza critica, in grado di scegliere la via della
salvezza, mentre dal punto di vista didattico si sosteneva la neces-
sità di procedere “dal noto all’ignoto”, si prestava attenzione agli
aspetti pratici dell’apprendimento (
res et verba
) attraverso i sensi, e
l’insegnamento della lingua era teso a formare dei buoni predica-
tori e divulgatori della fede (
cfr.
S. Rocca, Approfondimento). Nel-
le Piccole Scuole, l’insegnamento era impartito in francese. Nei
Collegi gesuitici si usavano le lingue volgari, ma tra gli studenti era
obbligatorio l’uso esclusivo del latino. In entrambi i casi grande
importanza aveva la preparazione retorica.
2.4.3
 La “follia grammaticale” nel Settecento
I ricordi scolastici di Montaigne e di Alfieri, che abbiamo menzio-
nato come testimonianza di quella che Pittano definisce “follia”
grammaticale (1978, pp. 32-36), sono comprovati dalle parole di
altri importanti studiosi del Settecento.
“Com’è che con tanto latino che si insegna a scuola […] il latino
non si impara? […] Anch’io mi sentivo schiacciare da quell’im-
menso aggrovigliatissimo cumulo di regole […]” (I. Facciolati,
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