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Dalla rivoluzione francese alla caduta di Napoleone
Ugo Foscolo
, che per non farsi imbrigliare dal regime napoleonico,
andò incontro all’emarginazione, all’esilio, ai rischi personali, ha la-
sciato testimonianza e lucida analisi della condizione culturale italiana
all’epoca dell’impero napoleonico:
“La rivoluzione effettuata dai francesi in Italia recò seco la libertà di stam-
pa, ma fu del tutto inutile ai giornali letterari e alle opere periodiche che
degenerarono universalmente in gazzette politiche. Dieci anni dopo la sua
conquista dell’Italia, Napoleone riunì tutte le province dell’Italia settentrio-
nale e le chiamò Regno d’Italia. E allora tramutò, con poche eccezioni, tutti
gli uomini di lettere in professori d’università, in membri del suo Senato e
del suo Istituto Reale – quali esaltatori e poeti delle sue nobili gesta, quali
direttori e censori de’ suoi giornali. Favorì le scienze e tenne le lettere nel
dietroscena, tanto poco stimolandole da abolire nelle università le catte-
dre di storia, d’eloquenza e di lingue antiche e orientali, senza escludere
neppure quella greca […] E allora appunto molti scrittori lietamente accet-
tarono il giogo della schiavitù per volgere l’apostasia a proprio profitto e a
rovina dei loro rivali. A tale scopo fondarono un giornale intitolato ‘Il Po-
ligrafo’, in cui professarono di sostenere l’opinione ‘che chiunque critichi
le opere o il pensiero di scrittore pensionato dal sovrano, si rende reo di
satira contro il re; perché se il re proteggesse un cattivo scrittore, sarebbe
stupido e ignorante; ora, poiché un re non può venir accusato di ignoranza
o di stupidità da alcuno dei suoi sudditi, né direttamente né indirettamente,
il critico che biasimi le opere, le dissertazioni, le poesie, i sonetti, le canzo-
nette o i giornali scritti da un professore, da membri dell’Istituto, da senatori
o da cortigiani del re, biasima indirettamente la dottrina e il criterio del
re e dovrebbe quindi venir punito come reo di crimenlese’. Sembrerebbe
incredibile a uomini nati in paesi che non sono interamente sotto un potere
dispotico, che una sì fatta dottrina si sia mai potuta sostenere; ma a chi sa
per esperienza quel che sono i governi assoluti nessun artificio in favore
della servitù parrà incredibile. E se quanti sono così prodighi di lodi ai mo-
narchi che profondon denaro per uomini di lettere, esaminassero gli annali
di ogni epoca e nazione, troverebbero che i governi usano comprare gli
uomini di genio quali strumenti atti ad affrettare la servitù dei popoli”.
(A. De Bernardi, S. Guarracino,
L’operazione storica -
L’età moderna
, vol. II, Edizioni scolastiche Bruno Mondadori,
Milano, 1990, pp. 1062-1063)