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Capitolo 1

Dall’Educazione fisica alle Scienze motorie

11

1.2.

L’Educazione fisica nell’era fascista

All’inizio del Novecento le innovazioni di carattere disciplinare per la ginnastica

ebbero un riscontro significativo anche a livello legislativo con l’attenzione

che la classe politica rivolse all’Educazione fisica. Significativa risulta infatti la

legge Daneo-Credaro

7

del 1909 che segnò una tappa importante per il definitivo

riconoscimento della dignità delle discipline sportive nel sistema scolastico

italiano con l’insegnamento della ginnastica valorizzato, disciplinato,

armonizzato, liberato dalle pastoie dell’empirismo e dell’orientamento

spiccatamente pratico fino ad allora seguito. Con tale legge fu stabilita

l’obbligatorietà, per gli alunni, di uno specifico corso di Educazione fisica in

ogni scuola pubblica, primaria o media, maschile o femminile.

La legge Daneo-Credaro regolò l’insegnamento dell’Educazione fisica sino

alla riforma scolastica del 1923, conosciuta come riforma Gentile, ma fu in

larga parte inattuata, anche se ebbe il merito di aver dischiuso nuovi orizzonti

per l’Educazione fisica. Questa disciplina, che aveva ricevuto tenui e faticosi

riconoscimenti sin dai tempi dell’Unità d’Italia, venne eliminata, di fatto,

dall’ordinamento scolastico con la successiva riforma Gentile nel ventennio

fascista.

1.2.1.

L’attività motoria nell’ENEF

Il sistema scolastico italiano, globalmente considerato, fu profondamente

rinnovato dopo la prima guerra mondiale dalla già citata

riforma Gentile

del

1923, e dalla

Carta della Scuola

legata al nome del ministro Bottai, del 1938

8

. La

prima, promulgata con Regio Decreto

9

, testimonia l’iniziale collaborazione tra

la corrente idealista ed il fascismo, anche se il problema di una riorganizzazione

della scuola era già stato oggetto di un lungo e contrastato dibattito, sviluppatosi

sin dalla emanazione della legge Casati. La riforma recepì, sistematizzandole,

le direttive concernenti la metodologia e i primi provvedimenti adottati dal

fascismo in materia scolastica, quali, ad esempio, l’intensificazione della lotta

contro l’analfabetismo, l’estensione dell’istruzione obbligatoria, il controllo,

da parte dello Stato, sui programmi di insegnamento allo scopo di garantire

la migliore formazione dei futuri cittadini, con un occhio particolarmente

attento allo sviluppo di doti patriottiche e militari, i miglioramenti economici

per maestri e professori

10

. La riforma valorizzava la funzione e lo scopo che il

PNF (Partito Nazionale Fascista

) attribuiva alla scuola: quello di contribuire alla

formazione di persone capaci di garantire il progresso economico e storico

7

Legge n. 805 del 26 dicembre1909 nota come “legge Daneo-Credaro”.

8

Cfr. Bellucci M., Ciliberto M.,

La scuola e la pedagogia del fascismo

, Loescher, Torino 1978.

9

Cfr. Regio Decreto n. 1050 del 6 maggio 1923 e i decreti legislativi emanati dal Governo in virtù

della delega conferitagli dal Parlamento con legge n. 1601 del 3 dicembre 1922.

10

Cfr. Giuliano B.,

La fascistizzazione della scuola

, in “Gerarchia”, maggio 1930.