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Libro VII
Diritto penale
za e mancata rati ca di un decreto legge
e nel caso di un
decreto convertito in legge
con emendamenti
: la Corte ha infatti sancito l’illegittimità di questo comma, per
contrasto con l’art. 77 Cost., nella parte in cui prevedeva l’applicabilità del decreto
legge non convertito (o convertito con emendamenti) e contenente disposizioni pe-
nali abrogatrici o modi cative in senso più favorevole ai fatti commessi
anteriormente
all’entrata in vigore del decreto poi non convertito. Ciò vuol dire che, in ossequio
al principio di irretroattività della legge penale, i decreti legge non convertiti non
possono essere applicati ai
fatti pregressi
, cioè realizzati prima della loro entrata in
vigore, ancorché contengano disposizioni più favorevoli al reo. Discusso invece, nel
silenzio della Corte sul punto, è se le disposizioni del decreto legge non convertito
possano trovare applicazione, laddove più favorevoli, ai cosiddetti
fatti concomitanti
,
cioè commessi durante la sua provvisoria vigenza. La tesi positiva è sostenuta dalla
dottrina dominante.
Una soluzione identica, in virtù delle disposizioni di cui agli artt. 136 Cost. e 30 L.
n. 87/1953, si prospetta per l’ipotesi di
leggi dichiarate incostituzionali
: anche in
questo caso, come per il decreto legge non convertito, l’opinione prevalente è orien-
tata nel senso che si debba continuare ad applicare, ai fatti concomitanti, la norma
incostituzionale più favorevole al reo.
1.3
L’interpretazione della legge penale
1.3.1
Criteri interpretativi generali
Quando si parla di interpretazione della norma giuridica, si fa riferimento a quel
complesso di operazioni intellettuali attraverso le quali viene chiarito il signi cato
da attribuire alla prescrizione normativa, in maniera tale da ricavarne la regola che
si deve applicare al caso concreto.
La disciplina dell’interpretazione è dettata dall’art. 12 delle preleggi, ai sensi del qua-
le nell’applicare una norma giuridica non le si può attribuire altro senso che quello
fatto palese dal signi cato proprio delle parole, secondo la connessione di esse, e
dalla intenzione del legislatore.
Si distingue, in base al
criterio
da seguire nell’attività interpretativa, fra:
>
interpretazione letterale
, quando la ricerca del signi cato della norma non va oltre gli
elementi grammaticali e sintattici del dato testuale;
>
interpretazione logica
, quando la ricerca del signi cato normativo accerta l’intenzione
del legislatore (
voluntas legis
), cioè lo scopo avuto di mira nel momento in cui ha
formulato la norma.
L’interpretazione letterale non può essere scissa da quella logica: l’interprete deve
partire dal dato letterale per risalire allo scopo della norma.
Secondo il
risultato
cui perviene l’attività interpretativa, si distingue fra interpretazione:
>
dichiarativa
, se il risultato cui si perviene attraverso l’interpretazione letterale coin-
cide con il risultato dell’interpretazione logica;
>
restrittiva
, se attraverso l’interpretazione logica si riduce il signi cato del dato lette-
rale;