Previous Page  50 / 58 Next Page
Basic version Information
Show Menu
Previous Page 50 / 58 Next Page
Page Background

www.

edises

.it

788

Libro VII

Diritto penale

za e mancata rati ca di un decreto legge

e nel caso di un

decreto convertito in legge

con emendamenti

: la Corte ha infatti sancito l’illegittimità di questo comma, per

contrasto con l’art. 77 Cost., nella parte in cui prevedeva l’applicabilità del decreto

legge non convertito (o convertito con emendamenti) e contenente disposizioni pe-

nali abrogatrici o modi cative in senso più favorevole ai fatti commessi

anteriormente

all’entrata in vigore del decreto poi non convertito. Ciò vuol dire che, in ossequio

al principio di irretroattività della legge penale, i decreti legge non convertiti non

possono essere applicati ai

fatti pregressi

, cioè realizzati prima della loro entrata in

vigore, ancorché contengano disposizioni più favorevoli al reo. Discusso invece, nel

silenzio della Corte sul punto, è se le disposizioni del decreto legge non convertito

possano trovare applicazione, laddove più favorevoli, ai cosiddetti

fatti concomitanti

,

cioè commessi durante la sua provvisoria vigenza. La tesi positiva è sostenuta dalla

dottrina dominante.

Una soluzione identica, in virtù delle disposizioni di cui agli artt. 136 Cost. e 30 L.

n. 87/1953, si prospetta per l’ipotesi di

leggi dichiarate incostituzionali

: anche in

questo caso, come per il decreto legge non convertito, l’opinione prevalente è orien-

tata nel senso che si debba continuare ad applicare, ai fatti concomitanti, la norma

incostituzionale più favorevole al reo.

1.3

L’interpretazione della legge penale

1.3.1

Criteri interpretativi generali

Quando si parla di interpretazione della norma giuridica, si fa riferimento a quel

complesso di operazioni intellettuali attraverso le quali viene chiarito il signi cato

da attribuire alla prescrizione normativa, in maniera tale da ricavarne la regola che

si deve applicare al caso concreto.

La disciplina dell’interpretazione è dettata dall’art. 12 delle preleggi, ai sensi del qua-

le nell’applicare una norma giuridica non le si può attribuire altro senso che quello

fatto palese dal signi cato proprio delle parole, secondo la connessione di esse, e

dalla intenzione del legislatore.

Si distingue, in base al

criterio

da seguire nell’attività interpretativa, fra:

>

interpretazione letterale

, quando la ricerca del signi cato della norma non va oltre gli

elementi grammaticali e sintattici del dato testuale;

>

interpretazione logica

, quando la ricerca del signi cato normativo accerta l’intenzione

del legislatore (

voluntas legis

), cioè lo scopo avuto di mira nel momento in cui ha

formulato la norma.

L’interpretazione letterale non può essere scissa da quella logica: l’interprete deve

partire dal dato letterale per risalire allo scopo della norma.

Secondo il

risultato

cui perviene l’attività interpretativa, si distingue fra interpretazione:

>

dichiarativa

, se il risultato cui si perviene attraverso l’interpretazione letterale coin-

cide con il risultato dell’interpretazione logica;

>

restrittiva

, se attraverso l’interpretazione logica si riduce il signi cato del dato lette-

rale;