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Capitolo 1

I principi del diritto penale

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sussiste unanimità di vedute.

Il maggior dubbio riguardava la possibilità di introdur-

re, con legge regionale, delle scriminanti. Anche la giurisprudenza ha negato tale

possibilità.

Sulla legittimità delle

norme penali in bianco

, quelle che per il completamento della fat-

tispecie incriminatrice rinviano ad altra norma, in genere di rango subordinato (regola-

menti, provvedimenti amministrativi ecc.) – come nel caso dell’art. 650 c.p., che sanziona

l’inosservanza dei provvedimenti dell’autorità emanati per ragioni di giustizia, sicurezza,

ordine pubblico, igiene –, è prevalsa una soluzione compromissoria, avallata anche dalla

Corte costituzionale (sent. n. 168/1971): si richiede che l’atto o il provvedimento ammini-

strativo, integrante la norma penale in bianco, trovi determinazioni suf cienti nella legge

(quanto a presupposti, contenuto e limiti), in modo da porsi come svolgimento di una

disciplina già tracciata dal legislatore, senza provvedere alla determinazione della regola

di condotta penalmente sanzionata.

Quanto al

diritto europeo

(regolamenti, direttive cd. «

autoesecutive

» e trattati, nella

parte in cui hanno pieno contenuto dispositivo), la sua prevalenza su quello interno,

estesa dalla Corte costituzionale anche alle direttive dettagliate e alle sentenze inter-

pretative e di condanna della Corte di Giustizia europea, comporta obbligo da parte

dell’organo giurisdizionale statale, anche in materia penale, di disapplicare il diritto

interno contrastante con quello europeo.

Stante la riserva di legge, nessuna rilevanza riveste la

consuetudine

: essa, perciò, non

può

incriminare

un comportamento, non può

aggravare

un trattamento sanzionatorio

predisposto dal legislatore e non può neanche

abrogare

una precedente norma di

legge.

1.2.3

Il principio della riserva di codice

Con il D.Lgs. 1° marzo 2018, n. 21, attuativo della delega contenuta nell’art. 1, co. 85,

lett.

q

) della L. 23-6-2017, n. 103 (cd. «legge Orlando»), ha fatto ingresso nel nostro

ordinamento penale il principio della “riserva di codice”, nel più ampio quadro di

una riforma della materia che ha riguardato sia il diritto sostanziale che quello pro-

cessuale (e penitenziario).

Sul piano sostanziale, la legge di riforma ha apportato rilevanti modi che al regime di

prescrizione del reato e stabilito aggravamenti di pena per alcune fattispecie delittuose.

Sul piano processuale, fra i numerosi interventi, il Governo è stato delegato a modi care:

• la disciplina delle

impugnazioni

, con disposizioni dirette ad attuare il principio di ra-

gionevole durata del processo;

• la disciplina dei

rapporti giurisdizionali con le autorità straniere

, con correttivi diretti

al rafforzamento della cooperazione penale internazionale per meglio fronteggiare le

nuove forme di criminalità, specie di quella organizzata, che hanno esteso il proprio

raggio di azione oltre i con ni dei singoli Stati;

• la disciplina in materia di

intercettazioni

,

conversazioni e comunicazioni

, con dispo-

sizioni nalizzate alla tutela della riservatezza, in particolare delle persone occasional-

mente coinvolte nel procedimento, e al rispetto del contraddittorio fra le parti.

L’enunciazione del principio è contenuta nell’art. 3-

bis

c.p. (immesso nel corpo codi-

cistico dall’art. 1 D.Lgs. 21/2018), il quale stabilisce che nuove norme incriminatrici

«

possono essere introdotte nell

ordinamento solo se modi cano il codice penale ovvero sono inse-

rite in leggi che disciplinano in modo organico la materia

».