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Capitolo 1
I principi del diritto penale
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scade il termine (implicitamente o espressamente indicato nella previsione normativa)
per la realizzazione della condotta; nei
reati legati da vincolo di continuazione
, ciascuno
di essi presenta un proprio
tempus commissi delicti
.
>
criterio dell’evento
: il reato è commesso nel momento in cui si veri ca l’evento
(principio criticato da chi, come l’Antolisei, fa osservare che non tutti i reati hanno
un evento naturalistico e inoltre, potendo l’evento realizzarsi a distanza dalla rea-
lizzazione della condotta, ne sarebbe violato il principio d’irretroattività della legge
penale);
>
criterio misto
: a seconda del risultato più favorevole al reo, il reato si considera
commesso nel momento in cui è posta in essere la condotta oppure in quello di
veri cazione dell’evento.
La giurisprudenza è saldamente ancorata al criterio della condotta e dunque consi-
dera commesso il reato nel momento in cui ha luogo l’azione o l’omissione penal-
mente rilevante.
1.6
Il principio di territorialità della legge penale
Al ne di delimitare i
limiti spaziali
di applicabilità del diritto penale, il legislatore
ha tenuto conto di
quattro principi
, o meglio, partendo dal principio di
territorialità
,
ha poi desunto ulteriori principi altrettanto rilevanti (il principio di
difesa
, il princi-
pio di
universalità
e il principio di
personalità
).
Il principio della territorialità
è sancito nell’art. 6, co. 1, c.p., secondo cui la legge
penale nazionale si applica a
chiunque delinqua in territorio italiano
, intendendo come
tale,
ex
art. 4 c.p., ogni luogo soggetto alla sovranità dello Stato: compresi il mare del-
la costa, lo spazio aereo e il sottosuolo. Le navi e gli aeromobili italiani sono conside-
rati territorio dello Stato, ovunque si trovino, salvo che siano soggetti, secondo il di-
ritto internazionale, a una legge territoriale straniera (cd.
principio della bandiera
).
Ci si chiede quand’è che il reato debba considerarsi commesso nel territorio dello
Stato. A fornire la risposta è l’art. 6 c.p., il quale dispone al co. 2 che un reato si consi-
dera commesso in territorio italiano quando l’azione od omissione che lo costituisce
(condotta) vi sia stata realizzata in tutto o in parte ovvero vi si sia veri cato l’evento
che è la conseguenza dell’azione od omissione (
criterio dell’ubiquità
).
Si discute se la “parte” di azione od omissione, per assumere rilevanza penale, debba
o meno integrare gli estremi del
tentativo
punibile ovvero sia suf ciente, per esem-
pio, un mero
atto preparatorio
. La giurisprudenza dichiara la sussistenza della giu-
risdizione italiana anche quando siano stati compiuti, nel territorio dello Stato, atti
meramente preparatori all’esecuzione del reato, anche se penalmente irrilevanti ove
autonomamente considerati. Ciò che rileva e che la “parte” di azione od omissione
rappresenti un
anello essenziale
della condotta criminosa.
Con riguardo ai
delitti associativi
, nel caso in cui l’associazione a delinquere abbia
dira-
mazioni in più Stati
, la giurisprudenza ritiene che la legge dello Stato si applichi se l’asso-
ciazione ha in Italia il suo
centro operativo
, indipendentemente dal luogo ove i delitti siano
commessi; se l’associazione ha
più centri operativi
, la legge italiana trova applicazione se
almeno uno
di tali centri è in Italia. Se si tratta di
reati attribuibili a più persone in concor-
so fra loro
, il reato si considera commesso in Italia purché qui sia stata posta in essere una
qualsiasi attività
di partecipazione ad opera di
uno qualsiasi
dei concorrenti.