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Capitolo 1
I principi del diritto penale
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estensiva
, se attraverso l’interpretazione logica si amplia il signi cato del dato lette-
rale.
Criteri ulteriori sono stati elaborati dalla dottrina. Secondo il
criterio storico
, la
voluntas
legis
va estrapolata dai
lavori preparatori
e guardando nel contempo il
contesto storico
della
legge e l’
evoluzione storica
degli istituti da essa disciplinati. Secondo il
criterio sistematico
,
ciascuna norma è da porre in stretta correlazione con le altre. In particolare, ciò vale
nell’interpretazione della norma penale, che è da mettere in collegamento con le altre
dell’ordinamento penale e con quelle di altri settori del diritto e, all’occorrenza, anche
con norme extragiuridiche. Secondo il
criterio teleologico
(
o nalistico
), in ne, la
volun-
tas legis
va ricercata sulla base delle
esigenze di tutela
sussistenti al momento in cui la norma
viene interpretata, prescindendo da quella che era l’intenzione del legislatore all’epoca in
cui la norma è entrata in vigore. Ciò in quanto il bene giuridico tutelato non va inteso in
senso
statico
bensì
dinamico
. La principale critica al criterio teleologico è che esso rischia di
eludere i principi cardine del diritto penale: tassatività e frammentarietà.
1.3.2
Il divieto di analogia
Secondo quanto stabilito dall’art. 12 delle preleggi, al co. 2, se una controversia non
può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che
regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide
secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico statale. Si parla, nel primo
caso, di
analogia legis
; nel secondo, di
analogia iuris
.
Ci si chiede ora se, in sede di applicazione della legge penale, possa consentirsi all’in-
terprete di dilatare i con ni di una norma incriminatrice no al punto di applicarla,
in virtù dell’identità di
ratio
, ad una fattispecie concreta non espressamente tipizzata
dal legislatore. La risposta è fornita, in termini assai categorici, dall’art. 14 delle pre-
leggi, che esclude per le leggi penali il ricorso al procedimento analogico («
…le leggi
penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi
e i tempi in essi considerati
»)
.
Tale divieto si evince, peraltro, dall’art. 1 c.p., laddove si speci ca che il fatto deve
essere
espressamente
previsto come reato), e dall’art. 199 c.p., per il quale nessuno può
essere sottoposto a misura di sicurezza «
fuori dei casi
dalla legge stessa preveduti».
Scopo è quello di salvaguardare la libertà personale dei consociati dagli
abusi del po-
tere giudiziario
: in ottemperanza al principio della riserva di legge, se fosse consentita
l’interpretazione analogica delle norme incriminatrici, si consentirebbe all’organo
giudicante di individuare nuove ipotesi di reato e dunque di sostituirsi al legislatore.
Per tali motivi, l’analogia si differenzia dall’
interpretazione estensiva
, che è invece
ammessa per le norme penali, non sussistendo alcun divieto in merito. Si osserva, al
riguardo, che con l’interpretazione estensiva non si trascendono i «
possibili signi cati
letterali
dei termini impiegati nel testo di legge» (Fiandaca-Musco), dunque «si man-
tiene il campo di validità della norma entro l’area di
signi canza dei segni linguistici
della norma» (Cass. pen., Sez. V, 3-7-1991).
1.4
La successione delle leggi penali nel tempo
Si parla di successione di leggi nel tempo quando non v’è solo
estinzione
totale o par-
ziale di una fattispecie incriminatrice, ma
anche sopravvivenza
della condotta illecita