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Capitolo 1

I principi del diritto penale

789

>

estensiva

, se attraverso l’interpretazione logica si amplia il signi cato del dato lette-

rale.

Criteri ulteriori sono stati elaborati dalla dottrina. Secondo il

criterio storico

, la

voluntas

legis

va estrapolata dai

lavori preparatori

e guardando nel contempo il

contesto storico

della

legge e l’

evoluzione storica

degli istituti da essa disciplinati. Secondo il

criterio sistematico

,

ciascuna norma è da porre in stretta correlazione con le altre. In particolare, ciò vale

nell’interpretazione della norma penale, che è da mettere in collegamento con le altre

dell’ordinamento penale e con quelle di altri settori del diritto e, all’occorrenza, anche

con norme extragiuridiche. Secondo il

criterio teleologico

(

o nalistico

), in ne, la

volun-

tas legis

va ricercata sulla base delle

esigenze di tutela

sussistenti al momento in cui la norma

viene interpretata, prescindendo da quella che era l’intenzione del legislatore all’epoca in

cui la norma è entrata in vigore. Ciò in quanto il bene giuridico tutelato non va inteso in

senso

statico

bensì

dinamico

. La principale critica al criterio teleologico è che esso rischia di

eludere i principi cardine del diritto penale: tassatività e frammentarietà.

1.3.2

Il divieto di analogia

Secondo quanto stabilito dall’art. 12 delle preleggi, al co. 2, se una controversia non

può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che

regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide

secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico statale. Si parla, nel primo

caso, di

analogia legis

; nel secondo, di

analogia iuris

.

Ci si chiede ora se, in sede di applicazione della legge penale, possa consentirsi all’in-

terprete di dilatare i con ni di una norma incriminatrice no al punto di applicarla,

in virtù dell’identità di

ratio

, ad una fattispecie concreta non espressamente tipizzata

dal legislatore. La risposta è fornita, in termini assai categorici, dall’art. 14 delle pre-

leggi, che esclude per le leggi penali il ricorso al procedimento analogico («

…le leggi

penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi

e i tempi in essi considerati

»)

.

Tale divieto si evince, peraltro, dall’art. 1 c.p., laddove si speci ca che il fatto deve

essere

espressamente

previsto come reato), e dall’art. 199 c.p., per il quale nessuno può

essere sottoposto a misura di sicurezza «

fuori dei casi

dalla legge stessa preveduti».

Scopo è quello di salvaguardare la libertà personale dei consociati dagli

abusi del po-

tere giudiziario

: in ottemperanza al principio della riserva di legge, se fosse consentita

l’interpretazione analogica delle norme incriminatrici, si consentirebbe all’organo

giudicante di individuare nuove ipotesi di reato e dunque di sostituirsi al legislatore.

Per tali motivi, l’analogia si differenzia dall’

interpretazione estensiva

, che è invece

ammessa per le norme penali, non sussistendo alcun divieto in merito. Si osserva, al

riguardo, che con l’interpretazione estensiva non si trascendono i «

possibili signi cati

letterali

dei termini impiegati nel testo di legge» (Fiandaca-Musco), dunque «si man-

tiene il campo di validità della norma entro l’area di

signi canza dei segni linguistici

della norma» (Cass. pen., Sez. V, 3-7-1991).

1.4

La successione delle leggi penali nel tempo

Si parla di successione di leggi nel tempo quando non v’è solo

estinzione

totale o par-

ziale di una fattispecie incriminatrice, ma

anche sopravvivenza

della condotta illecita