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luce, secondo

O

', per raggiungere lo specchio e tornare indietro è

2

d

'

d

t

' = –––– = 2

g

0

––

=

g

0

t

;

c

c

la distanza è maggiore, la velocità è la stessa, il tempo deve essere maggiore.

Ritroviamo che la durata di un fenomeno, visto da un sistema in moto, è maggiore

della durata propria.

Classicamente, cioè componendo la velocità della luce

c

con la velocità di tra-

scinamento

v

0

secondo la regola galileiana, la velocità della luce in

O

' sarebbe

c

2

+

v

2

0

, l’angolo

q

sarebbe tale che tg

q

=

c

/

v

0

ovvero sen

q

=

c

/

c

2

+

v

2

0

, la di-

stanza

d

' =

d

/sen

q

risulterebbe

d c

2

+

v

2

0

/

c

e per il tempo si avrebbe

2

d

'

2

d

t

' = ––––––––– = –––– =

t

,

c

2

+

v

2

0

c

eguale al tempo misurato in

O

.

Anche nel caso della contrazione delle lunghezze si può costruire un esempio

analogo in cui si vede esplicitamente che il risultato è conseguenza diretta della

costanza del valore

c

in diversi sistemi inerziali.

Accanto a questi esempi essenzialmente concettuali c’è una classe di fenomeni

in cui la dilatazione dei tempi si misura correntemente,

i decadimenti delle parti-

celle subnucleari instabili.

Nel decadimento la particella primaria cessa di esistere

e al suo posto compaiono altre particelle; il processo ha un suo tempo caratteristico

t

, detto

vita media

della particella che decade, avente questo significato: se ad un

certo istante c’è un dato numero

N

di particelle primarie, dopo

t

secondi questo

numero si è ridotto a

N/e

(con

e

= 2.71828…), dopo 2

t

secondi a

N/e

2

e così via.

Ovvero, se una particella instabile viene considerata al tempo

t

= 0, la probabilità

P

che essa sia ancora esistente al tempo

t

è

P

(

t

) =

e

t/

t

. Tutto ciò è corretto in un siste-

ma di riferimento in cui la particella è in quiete. Con un acceleratore di particelle e

attraverso opportune reazioni è possibile produrre artificialmente particelle insta-

bili di un dato tipo con ben determinate velocità, anche assai prossime alla velocità

c

. Si osserva che esse percorrono spazi che sembrano incompatibili con la loro vita

media

t

, cioè queste particelle arrivano a distanza notevole dalla sorgente di produ-

zione dopo un tempo tale che la probabilità di sopravvivenza dovrebbe essere prati-

camente zero; come ordine di grandezza potremmo aspettarci che esse arrivino a

distanze di valore ~

c

t

, invece le distanze sono molto maggiori. La spiegazione sta

nella dilatazione relativistica del tempo. Immaginiamo un sistema

O

' solidale alla

particella: in

O

' essa è a riposo e la sua vita media vale

t

, cioè il fenomeno osserva-

to in un punto

x

' di

O

' è il decadimento in quiete della particella, caratterizzato dal

tempo

t

. Il sistema

O

' si muove però con velocità vicina a

c

rispetto al sistema

O

,

per esempio solidale all’acceleratore (il cosiddetto sistema del laboratorio) e

nei due sistemi gli intervalli di tempo non sono gli stessi: come abbiamo visto

D

t

=

g

0

D

t

' e quindi nel sistema

O

la vita media è

g

0

t

; la particella in moto vive più a

lungo ed è pertanto in grado di coprire distanze di valore ~

c

g

0

t

. Qualunque sia la

velocità di

O

' (cioè della particella) rispetto ad

O

,

O

' misura sempre

t

; invece

O

misura una vita media

g

0

t

che è tanto maggiore quanto più la particella è veloce: al

crescere della velocità relativa ad

O

sembra che i fenomeni in

O

' si svolgano sem-

pre più lentamente.

In effetti è nel campo della cinematica e della dinamica (vedi paragrafo 3.9)

delle particelle nucleari e subnucleari, stabili e instabili, che la meccanica relativi-

stica ha trovato solide verifiche, soprattutto attraverso l’uso degli acceleratori di

particelle, nei quali queste raggiungono facilmente velocità prossime a

c

, con note-

volissimi effetti relativistici.

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Moti relativi