Previous Page  30 / 50 Next Page
Basic version Information
Show Menu
Previous Page 30 / 50 Next Page
Page Background

Nella seconda metà dell’ottocento diverse circostanze portarono a una crisi del

principio di relatività galileiano. I fenomeni elettrici e magnetici vennero inquadra-

ti nella teoria dell’elettromagnetismo di Maxwell, che incluse in questo contesto

anche i fenomeni luminosi; le equazioni di Maxwell risultarono però non invarian-

ti rispetto alle trasformazioni galileiane. Inoltre nel 1887 venne provato sperimen-

talmente da Michelson e Morley che la velocità

c

della luce nel vuoto ha lo stesso

valore in qualsiasi sistema di riferimento inerziale, cioè non si compone con la

velocità di trascinamento dando per esempio

c

+

v

o

c

v

, come vorrebbero le tra-

sformazioni galileiane delle velocità.

La soluzione venne proposta da Einstein nel 1905; egli estese il principio di relati-

vità, assumendo che tutte le leggi della Fisica siano invarianti quando considerate in

diversi sistemi di riferimento inerziali e che quindi con nessun esperimento sia possi-

bile mettere in evidenza il moto del sistema di riferimento. In particolare devono

essere invarianti le equazioni di Maxwell e la legge sperimentale secondo cui la velo-

cità della luce nel vuoto vale sempre

c

, indipendentemente dal moto della sorgente e

dell’osservatore. La trasformazione di coordinate tra due sistemi inerziali che per-

mette di soddisfare tali richieste non può essere del tipo (3.11), ma risulta, nel caso

semplice della figura 3.2 e indicando con

v

0

la velocità costante di trascinamento,

x

' =

g

0

(

x

v

0

t

)

y

' =

y

1

z

' =

z

g

0

= –––––––––– . (3.15)

v

0

v

2

0

t

' =

g

0

(

t

– ––

x

)

1 – –––

c

2

c

2

Il valore di

c

, velocità della luce nel vuoto, è con ottima approssimazione 3 · 10

8

m/s.

Un fenomeno che avviene nel sistema

O

in un punto di coordinate

x, y, z

al

tempo

t

, ovvero, come si suol dire, un

evento

caratterizzato da

x, y, z, t

, viene osser-

vato dal sistema

O

', in moto con velocità

v

0

, nel punto di coordinate

x

',

y

',

z

' al tempo

t

'. Il fatto più notevole sta nella quarta relazione: nelle (3.11) si assumeva implicita-

mente

t

=

t

', cioè che il tempo fosse assoluto, ora invece

anche il tempo ha un valo-

re relativo al sistema di riferimento

.

Le (3.15) costituiscono una

trasformazione di Lorentz

e furono scritte da

Lorentz molto prima del 1905, quando egli si pose il problema matematico di tro-

vare quali fossero le trasformazioni di coordinate tra due sistemi inerziali che ren-

dessero invarianti le equazioni di Maxwell. Einstein ne comprese il significato

profondo e le pose alla base della teoria della relatività (detta ristretta o speciale).

La trasformazione di Lorentz è dunque la trasformazione di coordinate spaziali

e temporali più generale che lega le osservazioni fatte in due diversi sistemi inerzia-

li; l’invarianza rispetto ad una trasformazione di Lorentz è un requisito fondamen-

tale che, in base al principio di relatività, deve possedere qualsiasi legge fisica.

Come si è detto, le equazioni di Maxwell possiedono questo requisito e vedremo tra

breve che anche il valore

c

della velocità della luce nel vuoto è preservato da una

trasformazione di Lorentz.

Invece la seconda legge di Newton, che abbiamo utilizzato per la descrizione

della dinamica del punto materiale, non è invariante rispetto ad una trasformazione

di Lorentz. Questo fatto però non le toglie validità, ne limita soltanto il campo di

applicabilità. In effetti la meccanica newtoniana, sia quella studiata finora che

quella contenuta nei prossimi capitoli, e le trasformazioni galileiane rispetto alle

quali essa è invariante, sono perfettamente adeguate alla descrizione dei fenomeni

meccanici ordinari, che coinvolgono corpi macroscopici aventi velocità molto

inferiori a quelle della luce; del resto, è proprio dalla sperimentazione compiuta sul

110

Moti relativi