

Le relazioni empatiche nel contesto educativo e formativo
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“educare significa fare che una selezione del mondo agisca
su di una persona attraverso un’altra persona”
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.
Le
relazioni senza fili
rimandano all’idea di una generazione
particolarmente diversa, con caratteristiche davvero molto
distanti da quelle precedenti, con abitudini e stili di vita stret-
tamente connessi alla nuova modalità
digitale
anche nello
stringere relazioni, legami e affetti. La Weltanschauung con-
temporanea trascina, nella continua fruizione degli strumen-
ti digitali, una latente forma ludica di infantilismo protratto,
in cui si simula il gioco; un gioco che però oscilla pericolo-
samente tra reale e virtuale, in una ludicità che rischia di far
assumere per
vero
ciò che è
finzione
.
Attraverso le pratiche del
mascheramento digitalizzato
, intese in
senso lato, si finiscono per realizzare delle
costanti
comporta-
mentali anche nelle abitudini che, paradossalmente, ridefi-
niscono tratti della quotidianità più prettamente assimilabili
alla
fiction
che alla
vita reale
. È certamente vero che il campo
delle relazioni umane si è esteso alle Media Community ai
contatti via chat, mail e ad altre applicazioni che consentono
la comunicazione a distanza, ma è possibile riuscire a gestire
con prudenza, in senso educativo, una tale implementazione
tecnologica dei contesti se quei contesti e quella
dimora
in cui
abita l’uomo
sono fortemente deprivati dei profili che cultural-
mente e significativamente appartengono all’uomo stesso? È
plausibile ritenere che ci sia un forte rischio per le relazioni
umane e per quei processi empatici che tanto si sta tentando
di perseguire come virtù ermeneutiche dell’educare?
L’interrogativo resta aperto, ma è incontrovertibile l’affer-
mazione che quella avvenuta è una mutazione delle cose del
mondo e del loro rapporto uomo-natura segnato dalla tecno-
logia, con la conseguente “mutata natura dell’agire umano”
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M. Buber (1959),
Il principio dialogico e altri scritti
, San Paolo Edizioni, Milano
1994, p. 248.