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Introduzione

di

Paola Aiello, Università degli Studi di Salerno

La proposta di ragionare di agentività e di sviluppo professionale dei do-

centi, nel corso delle Giornate di Studio salernitane, è nata dalla convin-

zione che, per ripensare la scuola alla luce del recente dettato normativo,

occorra, tra l’altro, un’approfondita riflessione critica sul ruolo degli inse-

gnanti nel generale processo di cambiamento, prefigurando modelli edu-

cativi e strategie di azione responsabili e consapevoli dei mutati scenari di

senso della complessa società contemporanea.

Perché l’agentività (

agency

nella traduzione inglese)?

L’agentività è stato il pretesto, in quanto lemma e concetto che si connette

all’agire umano, in cui si intrecciano capacità di giudizio e di discrezio-

nalità delle scelte nel perseguire l’intenzionalità di un progetto educativo,

grazie alle risorse messe a disposizione dal contesto e in un gioco di

affor-

dances

e di vincoli sociali e culturali.

Puntare all’agentività del docente suggerisce, infatti, non solo di guardare

alla dimensione strutturale in cui si realizza l’agire educativo-didattico, alle

culture che modellano le pratiche, alle attività e alla capacità individuale,

bensì di recuperare il potenziale dell’azione professionale (individuale e col-

lettivo) dei docenti e di considerare come quest’ultimo possa tradursi in atto.

Dunque, agentività in una prospettiva ecologica (Emirbayer & Mische,

1998) e, pertanto, non come “attribuzione ontologica” all’insegnante, ma,

piuttosto, come fattore del più ampio sistema di relazioni in cui si rende

possibile l’agire educativo e didattico.

Quest’ultima posizione, che risolve definitivamente l’antinomia azione-

struttura in uno spazio interumano, dove assumono senso il dialogo e l’a-

gire, ha enfatizzato l’importanza sia della capacità individuale che delle

dimensioni contestuali nel dar forma all’agentività. Pertanto, sono stati va-

licati i confini rigidi di orientamenti culturali che per lungo tempo hanno

contrapposto “azione” e “struttura”, considerandole due entità separate e

autonome e attribuendo all’una o all’altra categoria concettuale diversi li-

velli di importanza nel plasmare la realtà sociale.

Il dibattito è stato particolarmente vivo e ha assunto valore nelle elabora-

zioni teoriche di ambito sociologico della seconda metà del secolo scorso,

Pierre Bourdieu (1977 – con la teorizzazione del concetto di “habitus”),

Anthony Giddens (1984 con la

Theory of structuration

), Margareth Archer

(1995 – con la

Realist social theory

e con le

Relational theories of agency

); come