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Parte Prima

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edises

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Negli ultimi anni, sebbene con mille dif$coltà e incertezze, la pratica della valutazio-

ne, sulla spinta della cultura anglosassone, continua ad avanzare anche nel nostro

Paese, imponendosi sempre con più forza come un

must

dell’odierna società della co-

noscenza, nonché come una dimensione ontologica della pratica educativo-didattica.

Sommativa, formativa, autentica, orientativa, quantitativa, qualitativa, diagnostica,

prognostica, di processo, di prodotto: intorno alla valutazione, così come sottoli-

neano gli studi di settore, negli ultimi decenni, è esploso un fermento di teorie e

di pratiche operative stimolanti volte a valorizzare la centralità della persona come

principale interprete dell’esperienza didattica, della propria crescita e dei propri ap-

prendimenti, co-costruttrice di saperi e di competenze necessarie per lo sviluppo

globale del Paese.

La valutazione, oggi, volge sempre più verso una pratica autentica, formativa e re-

sponsabilizzante.

La persona, tuttavia, non sempre è in grado di riconoscersi come soggetto responsa-

bile all’interno del processo valutativo. L’autovalutazione corrisponde ad una valuta-

zione partecipata e responsabile rispetto alla quale il soggetto non sempre è prepa-

rato. Essa va insegnata.

Da qui il compito gravoso della scuola: da un lato, formare pro$li elevati di specia-

lizzazione professionale ancorati ad assi culturali solidi in grado di competere nella

attuale società della conoscenza; dall’altro, cercare di contenere la spesa pubblica

ottimizzando le risorse e sottoponendo i processi e i prodotti di dette risorse non già

solo a valutazione, ma anche ad autovalutazione.

Ad oggi, delle due diverse tipologie di valutazione, di processo e di prodotto, quella

che sembra essersi radicata con più forza nei sistemi educativi italiani è la

valutazione

di

prodotto

, meglio conosciuta come

valutazione degli apprendimenti

. Eppure, nono-

stante la centralità assunta nella normativa scolastica e nella professionalità dell’in-

segnante, essa resta a tutt’oggi per i più una grossa nebulosa.

Supportata più da una cultura del “fai da te” e del buon senso, che non da una pre-

parazione speci$ca, la valutazione scolastica, negli ultimi decenni, si è dotata di un

apparato strumentale vario: schede, prove di veri$ca, giudizi ecc., di cui non sempre

il docente sa riconoscerne il precipuo valore, così come non è in grado di distinguer-

ne il senso e le $nalità.

Stando alle speci$che denunce sollevate dai docenti, la valutazione, nella scuola,

continua ad essere percepita come un discorso tabù e ad essere vissuta come una for-

zatura, stabilita non in situazione, ma concordata con i colleghi della stessa disciplina

durante i consigli di classe nell’assoluta noncuranza dell’

evaluando

(l’alunno) e dei

suoi reali bisogni.

Da quanto detto $nora, ne discende che la valutazione è ad oggi un settore di studi

in progress

e in grande fermento, che rivendica a più voci una più rigorosa formalizza-

zione e un maggiore riconoscimento sul piano epistemologico.

Malgrado l’intensa ri*essione avviata già da tanto tempo e documentata dalle tante

teorie, dai modelli e dagli approcci dei più diversi studiosi che si sono interessati a

questo settore, si continua a discutere ancora oggi su una serie di questioni dicotomi-

che e, a quanto pare, di non facile risoluzione:

>

problemi di ordine concettuale, relativi al/ai signi$cato/i della valutazione;