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Capitolo 11

La scuola inclusiva

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www.

edises

.it

Sempre nelle parole di Dario Ianes, la scuola italiana ha fatto suo il principio del-

l’“educazione per tutti”, che sta alla base del modello educativo inclusivo, espresso

per la prima volta nella Dichiarazione di Salamanca del 1994, ma lo sta traducendo

in atto per gradi. Il primo passo si è avuto con la legge n. 170 del 2010, rivolta agli

alunni con DSA. Con la Direttiva del MIUR del 27/12/2012, l’educazione inclusiva

viene estesa ad altre categorie di BES, con particolare riferimento ai DDAI e agli

alunni stranieri. Inne, con il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66 la normativa in

materia di inclusione scolastica è stata riordinata e semplicata. Di fatto, quindi, la

via italiana dell’inclusione si sta attuando attraverso un processo graduale nalizzato

ad includere tutti. Ianes sottolinea il

rischio di microesclusione

, che è sempre in

agguato e che esiste a prescindere dall’esistenza o meno di leggi inclusive. Si parla di

microesclusioni associate ai fenomeni di bullismo, di quelle rivolte ai/alle ragazzi/e

omosessuali, agli stranieri, ma anche delle microesclusioni attivate dai docenti stessi

che, non avendo le competenze per intervenire adeguatamente nella gestione dei

BES, tendono ad isolare gli alunni difcili. Inutile dire, continua Ianes, che il rischio

di esclusione può essere combattuto soltanto se il corpo docente tutto si fa carico del

riconoscimento di situazioni di problematicità e si attrezza con le dovute competenze

psico-pedagogiche. In termini pratici, in classe diventa fondamentale adattare a tutti

i materiali e i testi, avvalersi di strategie di insegnamento/apprendimento incentrate

sul

cooperative learning

, sul

tutoring

, sulla didattica laboratoriale e sull’uso inclusivo

delle nuove tecnologie. L’istituzione di un

Gruppo di Lavoro per l’Inclusione

(GLI) non

deve servire semplicemente a raccogliere le varie programmazioni inclusive prodotte

dai consigli di classe nella forma del PDP (Piano Didattico Personalizzato) e del PEI

(Piano Educativo Individualizzato) per gli alunni con sostegno, per costruire il

Piano

Annuale dell’Inclusione

(PAI), ma deve essere nalizzata all’attivazione di procui con-

tatti con il CTS (Centro Territoriale di Supporto), nell’ottica del confronto e di una

crescita formativa unanime e globale. Ultimo ostacolo, ma non in ordine di impor-

tanza, alla realizzazione di una scuola inclusiva resta l’elevata numerosità delle classi,

che di fatto impedisce la presa in carico da parte dei docenti di relazioni educative

centrate sugli alunni.

11.1.3

Relazione tra Bisogni Educativi Speciali e “ostacoli

all’apprendimento e alla partecipazione”

L’

Index for inclusion

(United Kingdom, 2002) propone il superamento del concetto di

Bisogni Educativi Speciali e la sua sostituzione con il concetto di ostacoli all’appren-

dimento e alla partecipazione.

Secondo il documento anglosassone, la denizione di “Bisogni Educativi Speciali”

deriva dal paradigma bio-medico che considera i limiti dell’apprendimento un de-

cit dell’individuo.

Il modello bio-psico-sociale, a cui fa riferimento l’

Index for inclusion

, invece, inter-

preta la difcoltà anche come il risultato dell’interazione tra soggetto e contesto. In

sostanza, secondo questa visione, modicando opportunamente il contesto è possi-

bile ridurre in maniera considerevole le difcoltà di apprendimento, le quali non

sono più insite soltanto nel soggetto che apprende, ma anche derivanti dal contesto