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Le organizzazioni nel processo di acquisto del vino: il marketing business to business

Pertanto, gli operatori della filiera (come già esposto nel capitolo 1), si distinguono in tre tipologie: a)

la

cantina agricola che produce le uve, vinifica ed imbottiglia con proprio marchio sul mercato finale (20% delle

vendite delle DO imbottigliato sul mercato finale e 28,7% della produzione di vino a DO nel complesso), b)

l’industriale che imbottiglia principalmente vino sfuso acquistato sul mercato intermedio, pur integrandosi a

monte e producendo vino di uve non di proprietà (28% del mercato finale delle DO imbottigliato e il 14,3%

della produzione di vino a DO nazionale), c)

le cantine sociali, a cui i produttori associati conferiscono in parte

uve e in parte vino sfuso, che trasformano e imbottigliano con proprio marchio (18,6% del mercato finale e il

57% della produzione a DO complessiva). Infine l’imbottigliatore puro che rappresenta circa il 33% del merca-

to finale del prodotto imbottigliato a DO.

Tra questi attori si inseriscono altre figure di commercianti, distributori e intermediari che in parte facilitano

gli scambi di prodotto e le relazioni tra gli operatori. Pertanto, tra questi attori si viene a sviluppare un mercato

intermedio, basato sulla compravendita di uva e vino, che rappresenta circa il 35% dell’uva prodotta e il 26%

del vino a DO prodotto.

In generale, la relazione verticale si può definire scarsamente sotto controllo, infatti, gli scambi sul mercato

intermedio si basano principalmente su accordi di carattere informale, raramente vengono stipulati contratti

prima della raccolta e sono quasi inesistenti forme di integrazione tali per cui l’acquirente possa definire e/o

controllare le modalità di produzione (Pomarici, Boccia, 2006).

A livello regionale la composizione e il ruolo delle diverse tipologie di operatore sul mercato intermedio

cambiano a seconda di alcuni fattori: i) la struttura produttiva e cioè le aziende medio-grandi saranno più

orientate a sviluppare una filiera integrata rispetto a quelle piccole, in maniera tale da sfruttare le economie di

scala nel processo di imbottigliamento e commercializzazione; ii) gli aspetti socio-economici e culturali della

regione, come lo sviluppo della cooperazione; iii) il posizionamento e qualità del prodotto, maggiore reputa-

zione del brand e della qualità del vino incentiva alla creazione di una filiera integrata per garantire un livello

di standardizzazione e di qualità del prodotto e conseguimento del valore aggiunto.

A titolo di esempio mettiamo a confronto due regioni quali l’Emilia Romagna e la Puglia in cui la struttura e

la composizione degli attori presentano caratteristiche differenti e pertanto una configurazione e organizzazione

del mercato intermedio differente.

Possiamo osservare che in Emilia Romagna (

Figura 3.2

) il peso dei viticoltori associati, cioè che conferisco-

no l’uva a cooperative, è consistente con circa il 67% della produzione da cui scaturisce il ruolo rilevante delle

cooperative nella produzione di vino nella Regione. Possiamo osservare, inoltre, che il 10% della produzione

totale di vino passa attraverso le cantine agricole che rappresentano la filiera integrata, mentre il 30% della pro-

duzione di vino è prodotto dalle cantine industriali. Ciò comporta un mercato intermedio di uva di circa il 40%

della produzione di uva regionale derivante sia dalle aziende autonome e in piccola parte da quelle associate,

caratterizzato da produzione di vino da tavola che si realizza al di fuori dei circuiti verticalmente integrati. Per

quanto riguarda il mercato intermedio del vino sfuso a Denominazione di Origine, questo rappresenta solo il

15% in conseguenza della forte presenza delle cooperative che chiudono il processo produttivo con l’imbotti-

gliamento, mentre gli imbottigliatori puri rappresentano solo il 12% del vino imbottigliato a DO. Pertanto, la

maggior parte del vino a DO viene realizzato dentro ai circuiti verticalmente integrati (88%) in cui le diverse

tipologie di imprese vinicole integrano le fasi della trasformazione e imbottigliamento attraverso un maggior

controllo della qualità della materia prima.

Una realtà completamente differente risulta in Puglia in cui le condizioni strutturali e organizzative in parte

si ribaltano (

Figura 3.3

). I viticoltori autonomi producono circa l’81% di uva, ma risultano molto modeste

le quantità di vino prodotte dalle cantine agricole rappresentando solo il 9% del vino prodotto nella regione.

Anche le cooperative hanno un modesto peso con circa il 33% della produzione di vino totale. Di conseguenza

i produttori industriali costituiscono la parte principale della produzione regionale sviluppando un consistente

mercato intermedio dell’uva destinata prevalentemente a produzioni di uva da tavola, rappresentando circa il

56% a livello regionale. Anche per le produzioni di vino a DO il mercato intermedio è relativamente conside-

revole, rappresentando circa il 68% della produzione imbottigliata a DO regionale dovuto alla forte presenza

di imprese imbottigliatrici “pure”; mentre la filiera integrata, costituita da cooperative, cantine industriali e

cantine agricole che producono e imbottigliano vino, rappresenta circa il 31% della produzione a DO imbot-

tigliata.