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Substrato biologico della depressione e approccio farmacocentrico 

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All’inizio degli anni 1970 si chiarì l’esistenza di due

isoforme di MAO: la MAO-A, deputata al metabolismo

di noradrenalina, serotonina e adrenalina, e la MAO-B,

più specifica per tiramina e

β

-feniletilammina. Questa

scoperta suggerì che l’inibizione selettiva della MAO-A

potesse mantenere l’attività metabolica sistemica del-

la isoforma B, con vantaggi di sicurezza (pensiamo alla

wine and cheese syndrome

, legata all’assunzione con-

temporanea di alimenti ricchi di tiramina e inibitori

della MAO-B). Sulla stessa linea, si pensò che inibitori

reversibili, a differenza della tranilcipromina o delle

idrazine, potessero essere spiazzati da dosi elevate di al-

tri substrati, quale appunto la tiramina.

La fine degli anni 1970 vide perciò la comparsa di

inibitori selettivi della MAO-A reversibili, tra cui la

mo-

clobemide

e la

brofaromina

(Fig. 29.3).

29.3.2 

Antidepressivi triciclici

Negli stessi anni in cui si stava imponendo l’uso dell’ipro-

niazide e poi di altri inibitori delle MAO nei pazienti de-

pressi venne scoperta la spettacolare attività antipsicotica

Tuttavia, l’iproniazide si dimostrò un antitubercola-

re molto meno efficace dell’isoniazide e fu praticamente

abbandonata. Fu grazie alla lungimiranza di alcuni me-

dici, che intravidero nell’effetto collaterale dell’ipronia-

zide un potenziale effetto primario, che gli studi su que-

sta molecola ripresero, focalizzandosi questa volta sulle

sue attività centrali, descritte di volta in volta come pro-

prietà ‘tranquillizzanti’, ‘stimolanti’, ‘ristabilenti l’umo-

re’. Nel frattempo, era noto che l’iproniazide (ma non

l’isoniazide) agiva da inibitore di un enzima, caratteriz-

zato a metà degli anni 1930 e chiamato

monoammino

ossidasi

(

MAO

). Era anche noto che questo enzima

metabolizzava la serotonina in acido 5-idrossi-indolace-

tico e la somministrazione di iproniazide in animali da

laboratorio innalzava significativamente i livelli di sero-

tonina.

Nel 1957, sebbene i dati sull’effetto sul tono dell’umo-

re di pazienti tubercolosici prodotto da isoniazide e

iproniazide fossero noti e pubblicati, avvenne l’esperi-

mento chiave che portò alla definizione dell’iproniazi-

de quale ‘antidepressivo’ in pazienti senza alcun’altra

patologia organica ed infettiva. L’iproniazide si dimo-

strò efficace in oltre il 70% dei pazienti depressi trattati

e questa osservazione fu talmente eccitante che si pro-

pose l’uso del farmaco per una varietà di altre patologie

psichiatriche e non. Già nel 1958, oltre 400.000 pazienti

depressi furono trattati con iproniazide, sebbene la sua

indicazione fosse allora solo quella di antitubercolare,

aprendo la strada all’impiego di inibitori delle MAO,

chiamati ‘timeretici’, quali agenti antidepressivi.

Rapidamente, altri inibitori delle MAO a struttura

idrazinica furono introdotti nell’uso clinico. Tra questi,

citiamo l’

isocarbossazide

, la

fenelzina

e la

tranilcipro-

mina

(Fig. 29.2). Quest’ultima, in particolare, raccolse

un grande interesse, in quanto la mancanza della strut-

tura idrazinica fu associata a una minore comparsa di

effetti collaterali. Di fatto, alla fine degli anni 1980, tra-

nilcipromina e fenelzina coprivano oltre il 90% del mer-

cato degli inibitori delle MAO antidepressivi.

Isocarbossazide

Fenelzina

Tranilcipromina

NH

2

NH

2

NH

O

N

O

HN

H

N

FIGURA 29.2 

Esempi di inibitori delle MAO ad azione antidepressiva introdotti nell’uso clinico.

La struttura idrazinica è evidenziata in azzurro.

FIGURA 29.3 

Esempi di inibitori delle MAO selettivi

per l’isoforma A e ad azione reversibile.

Meclobemide

O

O

O

CI

N

H

Br

NH

N

O

Brofaromina