I BATTERI
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Parte I
mediante filtrazione. La «tubercolina» che si impiega oggi è for-
mata da proteine micobatteriche purificate mediante successi-
ve precipitazioni con solfato d’ammonio ed è usualmente nota
con l’acronimo PPD (
purified protein derivative
). La tubercolina
purificata oPPDviene impiegata, secondo lametodicaproposta
originariamente da Mantoux, per la rilevazione della esistenza
di una allergia ritardata specifica. La reazione viene pratica-
ta mediante iniezione intradermica di 0,1 ml di una adeguata
concentrazione di PPD nella faccia volare dell’avambraccio (o
incollando su una zona di cute ricca di ghiandole sebacee un
cerotto su cui sia stata fatta essiccare una dose predeterminata
di PPD, in modo da consentirne l’assorbimento percutaneo).
Il trattamento non provoca alcuna reazione nei soggetti
indenni da infezione tubercolare. Mentre nei soggetti che
abbiano subito un’infezione si osserva, localmente e dopo
24-48 ore dal trattamento (allergia ritardata), una reazione
infiammatoria che si appalesa con la comparsa di una papu-
la eritematosa che può anche, nelle reazioni molto intense,
presentare fenomeni di necrosi ed essere accompagnata da
reazioni generali (febbre, malessere).
Poiché l’allergia ritardata, nell’infezione tubercolare, una
volta instaurata (da 4 a 6 settimane dopo la prima infezio-
ne) si mantiene per tutta la vita, anche quando le lesioni sia-
no guarite, la positività della reazione non sta ad indicare
un’affezione attiva ma soltanto un precedente contatto con
M. tuberculosis
. Per ciò la reazione alla tubercolina ha valore
diagnostico soltanto quando si osservi il passaggio da una
reazione negativa ad una positiva nello stesso soggetto in
breve periodo di tempo, per cui essa è, per esempio, molto
importante nella infanzia che è l’età in cui più frequente-
mente si ha il primo contatto con M.
tuberculosis,
e dove un
periodico controllo della reattività alla tubercolina consente
di stabilire il momento della prima infezione facilitando le
opportune misure terapeutiche e profilattiche.
La reazione inoltre ha valore nella selezione del personale
(medici, infermieri), per i reparti in cui sono ricoverati gli
ammalati di tubercolosi, il quale dovrebbe essere scelto tra i
soggetti tubercolino-positivi.
In ogni caso, non va trascurato il fatto che se la positività
in senso assoluto non ha valore diagnostico per un’affezione
tubercolare in atto, è pur vero che una reazione intensamente
positiva si osserva con molto maggiore frequenza nei soggetti
con un’affezione attiva che non nei soggetti guariti da tempo.
La reazione alla tubercolina è positiva anche nei soggetti
infetti da
M. bovis
e in una buona percentuale di soggetti con
infezioni da micobatteri non-tubercolari, nei quali però la
risposta è più frequente ed intensa se si utilizzano «tuber-
coline» preparate, con la stessa tecnica, da colture del mico-
batterio responsabile dell’affezione.
Le tubercoline dei micobatteri non-tubercolari danno rea-
zioni positive anche in soggetti negativi alla tubercolina del
M. tuberculosis
, per cui presumibilmente le infezioni da tali
micobatteri sono più diffuse, a livello subclinico, di quanto si
potrebbe sospettare data la loro relativamente minore inci-
denza nelle forme morbose clinicamente evidenti.
* * *
L’intensa risposta immunitaria indotta dall’infezione tubercolare e la conseguente presenza in circolo di un notevole
numero di linfociti TH CD4 specifici nei confronti di diversi
antigeni micobatterici è alla base di un test agevolmente ese-
guibile
in vitro
, introdotto di recente (2005) nella routine dia-
gnostica. Il test si basa sulla produzione di Interferon-gamma
(IFN-
γ
- si veda il Cap. 51) da parte dei linfociti TH CD4 «at-
tivati» da antigeni micobatterici. Il test consiste nel mettere
in contatto separatamente, per 16-24 ore, precise quantità di
sangue intero (eparinizzato, per impedirne la coagulazione)
del soggetto in esame, rispettivamente con:
a)
una miscela di
peptidi sintetici che rappresentano gli epitopi antigenici più
significativi di due proteine presenti in
M. tuberculosis
e pre-
cisamente le proteine denominate «
early secretory antigenic
target-6 (ESAT-6)
»e «
culture filtrate protein-10 (CFP-10)
»,
b)
un mitogeno (fitoemoagglutinina) attivo sui linfociti T (con-
trollo positivo) e
c)
soluzione fisiologica al posto degli antigeni
micobatterici (controllo negativo) e nel successivo dosaggio
quantitativo dell’IFN-
γ
liberatosi nella parte fluida delle mi-
scele, mediante una reazione immunoenzimatica, utilizzando
un anticorpo specifico per IFN-
γ
. Il test è considerato positivo
se la quantità di IFN-
γ
prodottasi in presenza degli antigeni
micobatterici (detratta la quantità di IFN-
γ
«di base» presente
nel controllo negativo) è superiore ad un livello predetermi-
nato (0,35 unità internazionali di IFN-
γ
/ml). Il test ha press’a
poco lo stesso significato del test intradermico alla tubercolina
(PPD), nei cui confronti ha però i vantaggi, oltre che di una più
agevole e rapida esecuzione e di una lettura oggettiva del risul-
tato, di essere legato in modo statisticamente più significativo
(in caso di positività) ad un’infezione tubercolare attiva e di po-
ter evidenziare più facilmente (in caso di mancata produzione
significativa di IFN-
γ
nel controllo positivo) risultati falsamen-
te negativi dovuti a condizioni di anergia del soggetto in esame.
Sensibilità ad antibiotici e chemioterapici
La prognosi della tubercolosi si è profondamente modi-
ficata nella seconda metà del secolo XX, con la disponi-
bilità di alcuni antibiotici (streptomicina, rifampicina) e
chemioterapici (acido para-amino-salicilico, isoniazide,
pirazinamide, etambutolo) efficaci su
M. tuberculosis
.
Mycobacterium tuberculosis
, tuttavia, presenta fa-
cilmente la comparsa di varianti farmaco-resistenti,
dal che discende che, da una parte, è difficile predire
a priori
l’efficacia di un farmaco antimicobatterico,
senza averne preventivamente saggiato
in vitro
la ef-
ficacia nei confronti dello stipite micobatterico che in-
fetta il paziente che si deve trattare, e, dall’altra, è as-
solutamente da evitare il trattamento di un’infezione
tubercolare con un solo farmaco, anche se dimostrato
preventivamente efficace
in vitro
, onde evitare la facile
selezione di mutanti resistenti.
La multi-terapia dell’infezione tubercolare è infatti
oggi codificata a livello internazionale e gli schemi te-
rapeutici più diffusi prevedono una terapia iniziale con
isoniazide (300 mg), rifampicina (600 mg), pirazinami-
de (2000 mg) ed etambutolo (1200 mg), somministrati
in associazione, giornalmente e per almeno due mesi,
seguita da una terapia di mantenimento con isoniazide
(600 mg) e rifampicina (600 mg) tre volte alla settima-
na per quattro mesi. Recenti sperimentazioni hanno
dimostrato una notevole efficacia di
Delamanid
nelle
infezioni da stipiti multi-resistenti.
La profilassi dell’infezione tubercolare
Il vaccino antitubercolare oggi disponibile è costitui-
to da una variante apatogena di
Mycobacterium bovis
,