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Parte Prima

La comunicazione e i suoi linguaggi

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ne a travisare le situazioni che gli altri ci espongono e comunica la volontà di

imporre in maniera unidirezionale il proprio pensiero.

>

Elaborare soluzioni

. Anche questo atteggiamento rischia di essere percepito

come la volontà di non ascoltare e di liquidare la situazione con facili consigli.

Tutti questi comportamenti vanno sostituiti con l’ascolto, condizione necessaria

alla buona riuscita dei processi comunicativi. Tuttavia, esso non basta per in-

staurare un vero e proprio canale comunicativo. L’ascolto deve essere infatti

at-

tivo

, ossia rifarsi ai parametri dell’empatia e del coinvolgimento. Inoltre, l’ascol-

tatore deve cogliere tutti i segnali che gli pervengono dall’interlocutore, facendo

dunque attenzione anche alla comunicazione paraverbale e a quella non verbale.

2.7.3

Il rispecchiamento empatico

Applicando le conclusioni di Carl Rogers di cui abbiamo appena parlato, Tho-

mas Gordon ha poi definito le fasi principali in cui deve svilupparsi un processo

di comunicazione efficace attraverso il metodo dell’ascolto attivo.

1. Nella prima fase occorre ascoltare l’altro cercando di individuare le coordi-

nate essenziali del problema che espone, recependo tutti i segnali che giun-

gono dal suo messaggio. In particolare, la comunicazione verbale può essere

utile per raccogliere informazioni sui fatti e per acquisire la descrizione di

eventi, la comunicazione paraverbale e quella non verbale per cogliere lo sta-

to d’animo e le emozioni dell’interlocutore.

2. Nella seconda fase occorre dimostrare a chi ci è di fronte che si stanno com-

prendendo i suoi sentimenti. La nostra comunicazione deve iniziare ad atti-

varsi e deve rispondere ai segnali che ci pervengono e che ormai riusciamo

a decodificare, dopo la prima fase di ascolto. Possono essere usate sia brevi

espressioni verbali sia dei segnali non verbali attraverso i gesti, i sorrisi, la

postura e le espressioni facciali. È importante che il nostro interlocutore ca-

pisca che stiamo accogliendo ciò che vuole comunicarci.

3. Nella fase successiva, l’accoglimento del messaggio deve trasformarsi in in-

teresse. L’interlocutore deve cioè percepire che ora abbiamo realmente fatto

nostro il suo problema e che dunque siamo pronti ad ascoltarlo attivamente.

In questa fase possiamo invitarlo a proseguire il suo discorso, a spiegare me-

glio così da metterci in condizione di capire cosa egli ritiene sia importante,

facendo ben attenzione a non mutare la volontà di mostrare interesse in una

propensione al giudizio.

4. L’ultima fase è quella del vero e proprio ascolto attivo, durante la quale l’in-

teresse diventa empatia e si riesce ad entrare in sintonia con le emozioni

dell’altro. Non solo ci risulta chiaro quanto egli ci espone in termini di fatti,

ma anche quali siano i suoi sentimenti e i suoi intenti, il modo in cui egli vede

e si rappresenta la realtà. Se abbiamo veramente compreso il suo messaggio,

dobbiamo sentirci in grado di riformulare con parole nostre sia i contenuti

sia i sentimenti che ha espresso.