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Capitolo 2

Le forme della comunicazione interpersonale

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www.

edises

.it

Perché l’ascolto dovrebbe riuscire a indurre un cambiamento in chi ci sta di

fronte? A tale quesito Rogers trova una risposta molto efficace. Tipicamente,

a un comportamento rabbioso si risponde con la rabbia, a una polemica si ri-

sponde con un’altra polemica e a un inganno si risponde con un altro inganno.

Se a un atteggiamento qualsiasi noi reagiamo con l’ascolto, è probabile che

tale nostro comportamento susciti nell’altro una risposta di ascolto. Se anche

l’altro si predispone all’ascolto, è probabile che recepisca sul serio i messaggi

che gli stiamo lanciando e questo potrebbe realmente innescare in lui il cam-

biamento desiderato (si ricordi che il discorso di Rogers si riferisce all’ascolto

terapeutico e del

counselling

, ossia una pratica di intervento in psicoterapia

volta al superamento delle difficoltà di adattamento di un soggetto all’ambien-

te sociale che lo circonda).

2.7.2

Gli errori comuni che nascono nel confronto con gli altri

Come si riesce dunque a operare positivamente nella pratica dell’ascolto attivo?

Innanzitutto, occorre avere chiaro cosa non bisogna fare. Vi sono degli errori

piuttosto comuni che si commettono durante uno scambio di comunicazioni

con un interlocutore nel momento in cui questi ci presenta un suo problema

esperito. Analizziamo alcuni comportamenti da evitare.

>

Ascoltare in silenzio senza partecipare

. Il nostro interlocutore, davanti al

nostro mutismo, coglierà presto disinteresse e mancanza di disponibilità all’a-

scolto. Egli penserà che la discussione intrapresa sia inutile.

>

Porre delle domande indagatrici

. In generale queste domande intendono

portare l’interlocutore al reale punto della situazione, senza che egli vada di-

sperdendo il proprio racconto. Tale atteggiamento fa percepire all’altro la vo-

lontà di chiudere presto il confronto, suggerendo implicitamente che non si ha

molto tempo da dedicargli.

>

Giudicare l’operato dell’interlocutore o la situazione esposta

. Il giudizio,

sia esso positivo o negativo, non è quasi mai un atteggiamento produttivo,

soprattutto quando viene formulato in modo repentino e senza aver ascoltato

tutte le sfumature della questione esposta. In tal modo si comunica all’altro

che si ha fretta di definire la situazione oppure che si è stati avventati nel giu-

dicarla senza una giusta cognizione di causa.

>

Minimizzare il problema dell’altro

. Se il nostro interlocutore ci sta esponen-

do un problema, è perché lo ritiene importante. Sminuire quanto ci racconta

può dargli l’idea di trovarsi davanti una persona che giudica con faciloneria e

pressappochismo o che voglia assumere una posizione di superiorità, cosa che

naturalmente invalida la buona riuscita del dialogo.

>

Interpretare la situazione secondo le nostre convinzioni

. Questo è un se-

gnale di estrema rigidità e di forte chiusura. Anche se è inevitabile che ciascu-

no ragioni seguendo degli schemi prestabiliti o rifacendosi ad alcune profonde

convinzioni, è tuttavia necessario non interpretare ogni cosa alla luce della

propria percezione del mondo: una tale modalità di porsi dà facilmente spro-