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La prova di inglese nella scuola primaria
del “Livello soglia”
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nel 1975 (risultato di un progetto per attestare la padro-
nanza comunicativa di una lingua almeno per sopperire alle necessità di base
quando ci si trova in un Paese straniero, suddiviso in “nozioni” da sapere per
esprimere “funzioni comunicative”), poi con la stesura del QCER un decennio
dopo, qualsiasi insegnamento si prefiggeva lo scopo di trasmettere il “sapere”.
L’apprendente doveva dimostrare di “conoscere” una serie di argomenti rela-
tivi a una disciplina. Quando si cominciò a mettere in discussione quello che
fu chiamato, in tono dispregiativo, “nozionismo”, alcuni si limitarono, con una
buona dose di superficialità, a vituperare “la nozione”, senza però sostituirla
con qualcosa di più efficace, con il risultato di avere notevolmente abbassato
il livello culturale delle giovani generazioni. Altri, più saggiamente, non can-
cellarono la “nozione”, il “sapere”, che è essenziale, ma riconobbero che una
conoscenza “teorica” doveva essere integrata da altri “saperi” che potessero
tramutare qualcosa di potenziale in abilità reali e che l’abbinamento di cono-
scenza e abilità produceva quello di cui una società avanzata necessita: la com-
petenza. Di conseguenza si cominciò a diffondere l’idea, ormai riconosciuta
universalmente, che il processo di apprendimento implica l’amalgamarsi con-
tinuo di
sapere
(conoscenze, generali e specifiche) e
saper fare
(abilità) per
giungere alla
competenza
(somma di conoscenza e abilità che si manifesta in
azioni adeguate allo scopo; nel nostro caso si parla di
competenza linguistica
, di
competenza sociolinguistica
e di
competenza pragmatica
)
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. Trattandosi di comuni-
cazione e interazione con interlocutori appartenenti ad altre culture, nell’ap-
prendimento entrano in gioco altre abilità trasversali, altri “saperi”. Primo fra
tutti il “
saper essere
” che viene descritto come “
i fattori individuali connessi con
la personalità di un parlante, caratterizzati da atteggiamenti, motivazioni, valori, senti-
menti ideologici, stili cognitivi e legati alla personalità che
contribuiscono a formare una
identità individuale
”
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.
Il lettore si renderà certamente conto dell’importanza,
nell’intrecciare relazioni interpersonali, di fattori che disegnano l’immagine
di sé, il modo di presentarsi di una persona, quali la disponibilità e l’apertura
verso gli altri e le loro culture, l’interesse e l’entusiasmo per nuove esperienze,
la loquacità o la silenziosità, l’essere proattivo o reattivo, il possesso di valori
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Per un breve excursus dal
Threshold Level
al
Common European Framework
si consulti il sito:
www.coe.int/t/dg4/linguistic/dnr_EN.asp.11
Le tre competenze sono descritte in modo dettagliato nel capitolo 5 del Quadro e preci-
samente:
– dal 5.2.1 al 5.2.1.6 si tratta di tutto ciò che riguarda la competenza linguistica nei suoi vari
aspetti (lessicale, grammaticale, semantico, fonologico, ortografico e ortoepico);
– dal 5.2.2 al 5.2.2.5 si tratta in maniera completa il significato di competenza sociolinguisti-
ca (scelta degli indicatori di cortesia, modi per salutare, esclamazioni, registri di formalità,
uso di espressioni proverbiali, gergali, dialettali, colloquiali, familiari);
– dal 5.2.3 al 5.2.3.1 si descrivono gli aspetti della competenza pragmatica (organizzazione
generale del discorso, coesione e coerenza logica, modalità di organizzazione per compiti
specifici come descrivere, narrare, argomentare...).
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Cfr. QCER, capitolo 5.1.3.