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Capitolo

1

 Problemi e prospettive 

11

incrementa le capacità espressive, elaborando e sviluppando sempre nuove

relazioni sociali.

La scuola, quindi, deve essere sfondo integratore delle azioni dello studen-

te, che si riempiono di significato secondo la qualità dell’esperienza relazio-

nale e comunicativa che il soggetto stesso riesce a vivere.

Solo a tali condizioni la scuola può essere agenzia formativa e diventare

luogo di trattamento e integrazione anche delle diffuse situazioni di disa-

gio e di malessere che connotano la condizione del soggetto nella società

post-moderna.

Ma – ci chiediamo – la scuola che frequentano i nostri figli è realmente una

comunità dove relazione e comunicazione sono veicolo di apprendimento

e di inclusione nei processi sociali?

Per comunità si intende un insieme di persone unite tra loro da vincoli

organizzativi, linguistici, morali. I membri di una comunità condividono

scopi comuni che diventano il collante della relazione tra i soggetti e de-

terminano motivazioni e interessi a sostegno della comunicazione e della

sinergia delle azioni condivise.

L’esperienza comune circa le modalità di svolgimento della vita scolastica

non sembra, tuttavia, confermare questa immagine della scuola.

Se per scuola-comunità si intende l’organizzazione di un apparato sistemi-

co-formale (costituzione di organi collegiali, commissioni, gruppi operati-

vi) cui partecipano – spesso con confusione di ruoli e funzioni – esponenti

del mondo sociale (genitori, sindacati, etc.) per decidere su problematiche

condivise quali pulizia dei servizi, erogazione della mensa, trasporti etc.,

allora si può dire che la scuola di oggi si va configurando come comunità;

se, invece, per scuola-comunità si intende – come si diceva prima – mettersi

dalla parte dei giovani e organizzare situazioni atte a stabilire relazioni inte-

rattive, comunicare e condividere scopi, lavorare insieme, attivare sinergie

e risolvere problemi, allora si è ancora lontani da una siffatta realtà.

La vita scolastica dei nostri figli, infatti, è connotata prevalentemente dall’a-

scolto delle lezioni del docente, che tendono a spiegare segmenti discipli-

nari connotati da conoscenze che procedono dal semplice al complesso,

dal “facile” al “difficile”. Le spiegazioni delle discipline, pertanto, seguono

itinerari di tipo lineare, solitamente nell’ordine proposto dal libro di testo

che diventa anche guida didattica per l’insegnante.

Così, ad esempio, nell’apprendimento della biologia, le prime spiegazioni

riguardano la cellula, gli organismi monocellulari e poi quelli pluricellulari

fino a giungere agli organismi più complessi per morfologia e funzionalità.

È evidente, invece, che l’esperienza immediata dei ragazzi segue itinerari

inversi: essa procede, infatti, da ciò che appare, fenomenicamente, nella

sua “totalità complessa” e nella sua funzionalità significativa (per esempio,

un animale che vive e fa parte della catena alimentare) per giungere a ciò

che costituisce elemento di una “totalità complessa” e la cui rilevazione è