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Capitolo 1

Dalle scuole speciali all’inserimento

7

www.

edises

.it

La

Legge n. 444 del 1968

, disciplinando la scuola materna statale, prevede per

i bambini dai tre ai sei anni affetti da disturbi dell’intelligenza o del compor-

tamento o da menomazioni fisiche o sensoriali, l’istituzione di sezioni speciali

presso scuole materne statali e, per i casi più gravi, scuole materne speciali. Ad

ogni sezione non possono essere iscritti più di dodici bambini.

Ma il 1968 è l’anno della “contestazione” e, sull’onda della polemica contro le

classi differenziali, si comincia a parlare di «inserimento» degli handicappati

nella scuola di tutti. Nel nome dell’eguaglianza delle persone, si negano i concet-

ti di «normalità» e «anormalità». Si afferma che le persone sono uguali proprio

perché diverse l’una dall’altra, non conformi a un modello, quello della norma-

lità, ma tutte caratterizzate dalla loro diversità, nella loro irripetibile personali-

2

. La prima legge, nel nostro ordinamento repubblicano, a codificare l’inseri-

mento scolastico dei disabili è la

L. 30 marzo 1971, n. 118

.

1.2

 L’inserimento nella scuola ordinaria

La L. 30 marzo 1971, n. 118 inaugura la logica dell’«

inserimento

», recando in sé

una disposizione per garantire ai «minori invalidi civili» la frequenza scolastica

nelle

classi ordinarie normali

, fatti salvi i casi di «

gravi deficienze intellettuali

o menomazioni fisiche tali da impedire l’inserimento

» (art. 28).

Anche se riguarda solo i mutilati e gli invalidi civili, l’art. 28 è ben presto uti-

lizzato come giustificazione normativa per l’integrazione degli alunni porta-

tori di qualsiasi tipo di handicap, che vedono così riconosciuto il loro diritto

all’inserimento scolastico nella

scuola elementare

e nella

scuola media

. La

norma prescrive, altresì, che debba essere facilitata la frequenza degli invalidi

e dei mutilati civili alle

scuole medie superiori

e

universitarie

ed estende la

medesima disciplina alle

istituzioni prescolastiche

e ai

doposcuola

.

La logica è quella per cui, se cadono i confini tra «anormalità» e «normali-

tà», non si può poi disquisire sulle tipologie degli handicap: quale che sia il

tipo o la gravità del deficit di cui sono portatori, gli alunni vengono inseriti

nelle scuole comuni, anche in assenza degli interventi assistenziali che la L.

118/1971 prevede.

Del resto, l’art. 2, al comma 2, stabilisce che – agli effetti di tale legge – debbano

considerarsi mutilati e invalidi civili «

i cittadini affetti da minorazioni congenite

o acquisite, anche a carattere progressivo, compresi gli irregolari psichici per oli-

gofrenie di carattere organico o dismetabolico, insufficienze mentali derivanti da

difetti sensoriali e funzionali che abbiano subìto una riduzione permanente della

capacità lavorativa non inferiore ad un terzo o, se minori di anni 18, che abbiano

difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età

».

Al riguardo, la stessa Corte Costituzionale, nella storica sentenza n. 215 del 3-8

giugno 1987, sosterrà: «

…è pacifico in dottrina e giurisprudenza che in tale ampia

nozione sono ricompresi i soggetti affetti da menomazioni fisiche, psichiche e sen-

2

T

enuta

U.,

Integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap

, Educazione & Scuola.