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Capitolo 1

Dalle scuole speciali all’inserimento

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www.

edises

.it

L’art. 415, infine, stabiliva che quando gli

atti di permanente indisciplina

fos-

sero tali da lasciare il dubbio che potessero derivare da

anormalità psichiche

,

il maestro poteva, su parere conforme dell’ufficiale sanitario, proporre l’allon-

tanamento definitivo al direttore didattico, il quale avrebbe curato l’assegnazio-

ne dello scolaro alle classi differenziali o, secondo i casi, iniziato d’accordo con

la famiglia le pratiche opportune per il ricovero in istituti per corrigendi.

Nel 1933 vennero introdotte le scuole speciali per i ragazzi «affetti da malattie

contagiose, fanciulli anormali e minorati fisici».

Una normativa, dunque, quella del ventennio fascista, che caratterizza la scuola

comune come istituzione rigida. In nessun conto vengono tenuti i bisogni e le

possibilità dei singoli fruitori: gli allievi che mal si adattano a recepire passiva-

mente quanto viene loro trasmesso o imposto, manifestando atteggiamenti d’in-

sofferenza e indisciplina, rischiano di essere avviati alle classi differenziali

1

.

Con la fine del fascismo e l’instaurazione della Repubblica, la Costituzione ita-

liana sancisce alcuni principi fondamentali che investono in modo diretto il

tema dell’integrazione. L’

articolo 2

richiama l’idea di cittadinanza basata sulla

solidarietà politica

,

economica

e

sociale

, l’

articolo 3

quella dell’uguaglianza

di tutti i cittadini davanti alla legge e della pari dignità sociale “senza distin-

zione di condizioni personali e sociali”. Per garantire tale uguaglianza e pari

dignità la Costituzione individua come strada da percorrere la rimozione degli

ostacoli di ordine economico e sociale che possono impedirne il compimento.

“Rimuovere gli ostacoli” non significa avviare le persone che “rappresentano

una differenza” alla “normalizzazione” o all’omologazione, bensì creare i pre-

supposti per realizzare una società nuova, realmente fondata sulla differenza

come valore, in quanto caratteristica propria dell’identità di ciascuno di noi. La

Costituzione è stata scritta nel periodo storico in cui la questione dell’integra-

zione accomunava la disabilità all’emigrazione. I cittadini italiani provenienti

dalle aree rurali del Sud o del Nord-Est, infatti, nel secondo dopoguerra, vessati

dalla povertà e dal malessere sociale, furono costretti a trasferirsi in massa ver-

so le aree più industrializzate del Nord. Qui nacquero grossi sobborghi urbani

che cambiarono la vita delle comunità locali. I cittadini della stessa nazione

scoprirono di essere lontani al punto da non riuscire a comunicare gli uni con

gli altri: essi parlavano dialetti differenti e reciprocamente incomprensibili. Alla

scuola toccò, dunque, il compito di far conoscere e usare a tutti la lingua italia-

na. In una prima fase, però, il problema fu risolto con la formazione di classi

differenziali e scuole speciali tra cui gli alunni furono suddivisi in base alla

provenienza regionale.

La circolare ministeriale n. 1771/12 dell’11 marzo 1953 fornisce la definizione di

scuole speciali e chiarisce la differenza tra classi speciali per minorati, scuole

di differenziazione e classi differenziali: «Le

classi speciali per minorati

e

quelle di

differenziazione didattica

» – spiega la circolare – «sono istituti sco-

1

M

oretti

I.,

Dall’inserimento all’integrazione degli alunni handicappati nella scuola comune: evolu-

zione culturale e normativa

, Atri Onlus, 2011.