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Parte Prima

Ambito normativo: il lungo cammino dell’integrazione

www.

edises

.it

lastici nei quali viene impartito l’insegnamento elementare ai fanciulli aventi

determinate minorazioni fisiche o psichiche e istituti nei quali vengono adottati

speciali metodi didattici per l’insegnamento ai ragazzi anormali. Le

classi dif-

ferenziali

, invece, non sono istituti scolastici a sé stanti, ma funzionano presso

le comuni scuole elementari e accolgono gli alunni nervosi, tardivi, instabili, i

quali rivelano l’inadattabilità alla disciplina comune e ai normali metodi e ritmi

d’insegnamento e possono raggiungere un livello migliore solo se l’insegnamen-

to viene ad essi impartito con modi e forme particolari»

.

Il 20 dicembre 1959 l’

Assemblea Generale delle Nazioni Unite

promulgò la

Dichiarazione dei diritti del fanciullo

, il cui quinto principio sanciva il diritto dei

fanciulli che si trovassero in situazioni di minorazione fisica, mentale e sociale

a ricevere il trattamento, l’educazione e le cure speciali di cui avevano bisogno

per il loro stato o la loro condizione, tuttavia la logica imperante fino agli anni

’60 rimase quella della «medicalizzazione» e, ancor più, della «separazione»:

l’allievo minorato era un «malato» da affidare alle cure di un «maestro-medico»

perché era un potenziale elemento di disturbo.

Nel luglio del 1962, viene approvata la legge n. 1073, che istituisce la

scuola

media unica

, obbligatoria e gratuita, e reca in sé anche il primo intervento

organico dello Stato a favore delle scuole speciali, sia pure limitatamente allo

stanziamento di fondi «

per il funzionamento, l’assistenza igienico-sanitaria e le

attrezzature per le classi differenziali nelle scuole statali e per le classi di scuola

speciale da istituire anche nei comuni minori

». Per effetto di questa legge e di

successive circolari ministeriali, si assiste a un progressivo incremento delle

classi differenziali e delle scuole speciali.

La L. 31 dicembre 1962, n. 1859 prevede, infatti, all’art. 12, la possibilità d’isti-

tuire

classi differenziali per alunni disadattati scolastici

, con un calendario

speciale, appositi programmi e orari di insegnamento. Tali classi non possono

avere più di 15 alunni.

Ancora il D.P.R. 22 dicembre 1967, n. 1518 (

Regolamento per l’applicazione del

titolo III del D.P.R. 11 febbraio 1961 n. 264, relativo ai servizi di medicina scola-

stica

) stabilisce che i soggetti con

anomalie o anormalità somatopsichiche

che non consentono la regolare frequenza nelle scuole comuni, i quali abbiso-

gnino di particolare trattamento e assistenza medico-didattica, devono essere

indirizzati alle scuole speciali (art. 30). Nell’eventualità che l’alunno presenti

più di un’alterazione, si terrà conto, per l’assegnazione alla scuola speciale,

della minorazione che consente maggiori possibilità di trattamento.

I

soggetti ipodotati intellettuali non gravi

,

disadattati ambientali

o con

ano-

malie del comportamento

,

per i quali possa prevedersi il reinserimento nella

scuola comune sono indirizzati alle

classi differenziali

. Il trattamento medico

specialistico e didattico – prosegue l’art. 34 – assume forme diverse a secon-

da che riguardi l’assistenza medica specializzata o l’assistenza con interventi

psico-pedagogici specializzati (didattica differenziale o graduata, psicoterapia

di vario tipo o livello, metodi educativi speciali) o l’assistenza sociale volta a

ridurre le carenze della famiglia e dell’ambiente in genere.