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Capitolo 1 -Il latino nella scuola italiana

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classista

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− quella cioè di alzare un muro divisorio tra la classe dirigente lati-

nista e la classe subalterna non latinista − certamente non in linea con l’ideale

tanto decantato di umanesimo o con la funzione di unificazione culturale. È

chiaro, però, che chi si fa oggi difensore di tale disciplina è ben lontano dal

voler riproporre gli errori del passato. D’altro canto, Rosario Drago nota come,

in barba al principio dell’obbligatorietà degli studi classici nell’indirizzo licea-

le, sussista nella realtà una “opzionalità clandestina”: molti studenti subiscono

il cosiddetto “debito formativo” proprio nelle discipline classiche, cioè vedono

sospeso il loro giudizio finale in attesa di una verifica prima dell’inizio del nuo-

vo anno scolastico. In realtà solo per una percentuale irrisoria di studenti il

debito formativo comporterà la bocciatura o il completo recupero; l’alunno si

trascinerà sino all’esame finale con le sue difficoltà in latino (e/o in greco) sen-

za aver mai affrontato davvero il problema. Si tratta, dunque, di un’opzionalità

di fatto poiché nel frattempo lo studente avrà scongiurato il rischio di non esse-

re promosso indirizzando i propri sforzi verso altre discipline. Chiunque abbia

un minimo di pratica scolastica sa bene che questa situazione è tutt’altro che

rara. Ma tutto questo non si verifica forse anche per altre materie? È corretto

risolvere tale apatia dei discenti semplicemente stabilendo l’opzionalità? Non

spetta, invece, alla classe docente mettere in campo tutto il proprio impegno,

la propria inventiva e la propria professionalità per evitare un tale fenomeno di

dispersione (in latino così come in ogni altra materia)?

In altri termini, è doveroso stabilire se siamo di fronte ad un problema di di-

sciplina o di

metodologia didattica da cambiare

. Non v’è dubbio, infatti, che

abbiano ragione coloro che criticano l’approccio didattico dominante fino a

qualche anno fa che identificava lo studio del mondo antico con lo studio del-

la lingua (latina o greca)

5

; con il suo bagaglio di nozioni morfosintattiche, la

lingua, pur rimanendo importante per dare dignità scientifica alla disciplina,

la diversa distribuzione di licei sul territorio: nessuno mette in dubbio che tale divario esista

ma crediamo che la questione meriti un approfondimento maggiore piuttosto che la sempli-

ce constatazione di una differenza di percentuale.

4

 L’espressione è di Luigi Berlinguer nel suo contributo alla ricerca

Latino, perché? Latino per chi?

5

 Inoppugnabili in questo senso le parole di Berlinguer nel saggio sopra citato: «Va rivisto il

rapporto fra lingua, cultura, arte, società, costumi, per favorire una conoscenza equilibrata

dei segni distintivi di quel mondo, un approccio certamente molto più affascinate ed attraen-

te, quindi più efficace ed insieme più corretto storicamente, rispetto al metodo attuale» (p.

54); l’impostazione didattica tradizionale «avendo contratto o escluso emozioni e curiosità

ha impedito la sinergia – nell’apprendere – fra intelligenza razionale e intelligenza intuitiva,

emozionale, curiosità, meraviglia, senso dell’utile e del tangibile; la capacità di ragionare sui

fatti, di trasformare conoscenze in competenze, in sapere pregnante, di volgerlo in diretta

interpretazione del reale, di abituarsi alla severa spietatezza della verifica fattuale: tutto ciò

che fa la ricchezza dell’intelligenza umana, della creatività giovanile, della fisiologia dell’ap-

prendimento» (p. 51).