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888

Libro X

Reati contro la Pubblica Amministrazione

Tuttavia, sia in dottrina che in giurisprudenza, si osserva che la quali ca di soggetto

attivo competa altresì al “possessore” e al “detentore”, dato che una interpretazione

riduttiva del termine “proprietario” escluderebbe dalla tutela penale una serie di

beni pubblici che, in quanto

res communes omnium

, non possono de nirsi strettamente

“propri” di determinate persone siche preposte alla loro effettiva salvaguardia.

La

condotta

incriminata consiste nel

distruggere

,

deteriorare

o

comunque danneggiare

un

monumento o altra cosa propria di rilevante pregio, purché ciò determini un

nocu-

mento al patrimonio archeologico, storico od artistico dello Stato.

La punibilità del fatto è dunque subordinata al veri carsi della

condizione oggettiva

(art. 44 c.p.) del citato

nocumento al patr

i

monio archeologico, storico o artistico nazionale

come conseguenza della condotta.

Ai ni dell’imputabilità della contravvenzione è necessaria quella

volontarietà del

fatto

, sia essa dolosa o colposa, che, di regola, è suf ciente per l’imputabilità do ogni

altra contravvenzione.

Il soggetto attivo, pertanto, deve aver avuto, anzitutto volontà cosciente e non coar-

tata di compiere l’azione o l’omissione che ha cagionato la distruzione, il deteriora-

mento o il danneggiamento (con o senza l’intenzione di distruggere, deteriorare o

danneggiare). È inoltre necessario, come espressamente esige l’art. 733 c.p., che sia

stato consapevole del rilevante pregio archeologico, storico od artistico della cosa.

4.3.4

Distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito

protetto (art. 733-

bis

c.p.)

Il D.Lgs. 121/2011, attuativo della direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’am-

biente, varata dal legislatore europeo per rafforzare la disciplina di contrasto contro

i fenomeni di aggressione all’ambiente considerato nel suo complesso, ha fra l’altro,

inserito tra le contravvenzioni del titolo II del Libro III del codice penale la fattispe-

cie di

distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto

, corret-

tamente collocandola all’art. 733-

bis

,

subito dopo la previsione del danneggiamento

al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale.

Ai sensi della norma citata,

chiunque, fuori dai casi consentiti, distrugge un habitat all’in-

terno di un sito protetto o comunque lo deteriora compromettendone lo stato di conservazione,

punito con l’arresto no a 18 mesi e con l’ammenda non inferiore a 3.000 euro

.

Oggetto di tutela

della norma è l’

interesse dello Stato al mantenimento dello stato

di conservazione di un habitat naturale

, interesse tanto più pregnante in virtù della

progressiva importanza che nel tempo ha assunto, nella considerazione della colletti-

vità nazionale ed internazionale, il bene “ambiente”, e quindi la necessità di una sua

preservazione da condotte offensive.

Quanto al

soggetto attivo

, l’art. 633-

bis

c.p. con gura un

reato comune

, essendo in-

dividuato il soggetto agente in “chiunque” pone in essere una delle condotte tipiche

individuate dalla fattispecie incriminatrice e cioè la

distruzione

dell’habitat e il

deterio-

ramento

dell’habitat,

compromettendone lo stato di conservazione

.

Le condotte alternative di distruzione e di deterioramento assumono rilevanza pena-

le soltanto se spese

all’interno di un sito protetto

, ossia in una zona od area di particolare

pregio ambientale. Si tratta di condotte a

forma libera

, poiché sono inin

uenti le mo-

dalità attraverso le quali si determina la distruzione od il deterioramento.