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edises

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12

Premessa

decision-making, della costruzione di mappe mentali. Parte importante del set-

tore è anche lo studio delle rappresentazioni spaziali e territoriali, la percezione

del rischio territoriale e i comportamenti umani su “microscala geografica”. Il

nome deriva da

behaviourismo

(in italiano,

comportamentismo

), paradigma domi-

nante in psicologia negli anni Sessanta e Settanta.

La geografia culturale.

Il geografo Adalberto Vallega

17

sostiene che la geografia

culturale può essere definita una scienza-ponte che dialoga con molte discipline:

la semiotica, la poetica, la sociologia, l’estetica e altre ancora.

Principale esponente della geografia culturale è

Paul Claval

(1932), autore de

La géographie culturelle

. La geografia culturale legge il territorio attraverso la fitta

rete di segni che vi sono inscritti e per decodificarli si avvale di prospettive che

rispecchiano i diversi indirizzi. Ad esempio, studiando la popolazione di un

dato territorio si analizzano fattori oggettivi quali la lingua, la religione e le loro

interdipendenze secondo l’impostazione strutturalista; si evidenzia come questa

popolazione abbia rappresentato il territorio dove risiede attraverso la pittura e la

musica, secondo la corrente semiotica; si leggono quindi i simboli attribuiti dalla

popolazione alla natura e alla trascendenza, secondo la corrente spiritualista.

A sintetizzare

i principi del moderno approccio geografico nell’opera

L’organiz-

zazione sociale ed economica degli spazi terrestri

è stato

Pierre George

(1909-2006),

che si è occupato di geografia umana, economica e sociale. Geografo, è stato

direttore dell’Institut de Démographie dell’Università di Parigi I, professore

all’Institut d’Études politiques, redattore capo del

Dictionnaire de la géographie

e

condirettore della rivista

Annales de Géographie

.

Secondo George, la superficie terrestre viene rimodellata da una nuova “cro-

sta tecnica” che si sostituisce ai paesaggi tradizionali che l’uomo ha costruito

nei secoli. Anche là dove la natura apparentemente mantiene i suoi normali

avvicendamenti, si impone la presenza umana: con interventi diretti, come nel

caso delle aree recuperate all’agricoltura in ambiente subdesertico (tecniche

di aridocoltura) o in quello della segregazione artificiale alla quale certe aree

naturali vengono sottoposte perché fungano da riserva per la conservazione di

specie animali e vegetali in via di estinzione (i parchi naturali).

Nessun elemento della superficie terrestre sfugge all’influenza umana, che im-

pone nuovi ruoli e nuove funzioni al territorio. Le categorie tradizionali che il

geografo impiegava per interpretare i fenomeni terrestri non sono più utilizzabili:

si modifica lo stesso rapporto psicologico tra l’uomo e il suo ambiente. George

si pone il problema del bilancio degli effetti “costruttivi” e di quelli “distruttivi”

dell’era delle tecniche.

La geografia postmoderna e il nuovo paradigma geografico: lo sviluppo sosteni-

bile.

La breve rassegna delle tappe evolutive del pensiero geografico si conclude

con alcune riflessioni sul nuovo paradigma geografico: lo sviluppo sostenibile.

17

A. Vallega,

La regione, sistema territoriale sostenibile: compendio di geografia regionale sistematica

,

Mursia, 1995; A. Vallega,

Geografia umana

, Mursia, 1989.