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Parte Prima

Fondamenti epistemologici e metodologici

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edises

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bilità che i dati dell’esperienza possiedono, vedere fino a dove essi ci possono

realmente condurre. Il metodo di ricerca della verità empirica di Locke porta

alla conclusione che il nostro sapere si basa solo sulle idee acquisite dall’espe-

rienza o dall’intuizione, ma comunque si tratta sempre di conoscenze “proba-

bili” e mai certe.

Il metodo “empirico-probabilista” del filosofo inglese spinge G.W. Leibniz

(1646-1716) a negare qualsiasi validità all’indagine empirica e ad affermare che

nihil est in intellectu quod non fuerit in sensu nisi ipse intellectus

” (nulla è nell’intel-

letto che non sia stato nel senso se non lo stesso intelletto). Ciò mette in crisi

l’indagine empirica, perché l’intelletto per Leibniz non si limita a rielaborare i

dati forniti dall’esperienza, ma giunge a concetti universali e necessari su cui si

fonda la conoscenza, facendo riferimento a principi originari, innati, presenti

nella mente umana. Ecco perché il filosofo distingue tra “verità di ragione”

(quelle della matematica, della logica, della metafisica)

a priori

, cioè indipen-

denti dall’esperienza, e “verità di fatto”

a posteriori

, che riguardano l’esistenza

delle cose che si basano sul “principio di ragion sufficiente” per connettere

soggetti e predicati diversi (ad esempio capire perché Cesare abbia passato il

Rubicone, senza che il predicato “Rubicone” fosse implicito nel soggetto “Cesa-

re”). Solo Dio può trasformare le verità di fatto in ragione, ma come all’uomo

non è dato conoscere e indagare.

Anche un filosofo italiano, G. Vico (1668-1744), va alla ricerca di un metodo

per indagare la verità e lo trova nella “storia”, nel suo ripetersi ciclico, nelle sue

funzioni conoscitive (senso, fantasia, ragione) da cui dipendono le diverse fasi

della storia stessa (età degli dei, degli eroi, degli uomini). La ragione è il punto

di arrivo dello sviluppo storico, non nella dimensione geometrica cartesiana,

ma storica, capace di cogliere lo svolgimento degli eventi storico-sociali e dello

sviluppo delle nazioni. Unico metodo per indagare la realtà è quello che si

affida alla formula “

verum et factum convertuntur

”(il vero e il fatto si convertono

l’uno nell’altro e si conosce solo ciò che si fa).

2.4

L’età dei Lumi

L’Illuminismo nel 1700 riafferma la centralità del metodo di indagine affidato

alla ragione, ma non a quella seicentesca; la ragione illuministica è analitica,

critica, dubbiosa sul fatto che l’uomo possa giungere a cogliere l’essenza delle

cose. Essa è strumento critico di indagine anche per la società, per la politica,

per la religione, per la morale.

L’empirismo inglese di Locke ancora si farà sentire e influenzerà il pensiero

di G. Berkeley (1685-1753), che arriverà a concludere che “

esse est percipi

” (nes-

suna realtà può avere esistenza al di fuori di una mente che la pensa) e tutto

ciò che percepiamo è particolare e mai generale, fino a negare la realtà della

materia (immaterialismo).

Diverso è l’approccio dell’empirismo di D. Hume (1711-1776), che sembra

rivestirsi di uno scetticismo moderato, ovvero della pretesa di circoscrivere i