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Capitolo 2

La metodologia della ricerca filosofica nelle diverse epoche storiche

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www.

edises

.it

Diversa è l’impostazione elaborata dal filosofo francese R. Descartes (1596-

1650), che prende come modello il metodo geometrico deduttivo, basato sulla

sola ragione. Fondamento del sapere è la ragione, ma ciò che determina la dif-

ferenza tra gli uomini, il fatto che alcuni conoscano molte cose e altri meno, è

il metodo che essi usano. Cartesio suggerisce quattro regole da seguire per ben

condurre la ragione: evidenza, analisi, sintesi, enumerazione.

Quella dell’evidenza è la regola fondamentale, perché vero è solo ciò che alla

ragione si presenta come evidente, chiaro e distinto; l’analisi di problemi e

realtà complesse consiste nel ricondurli all’evidenza. La sintesi, di contro, li

ricompone in virtù di un ordine razionale; l’enumerazione verifica la validità

dei due processi di analisi e sintesi.

Cartesio avverte la necessità di individuare un nuovo fondamento del sapere e

ciò lo porta a dubitare delle comuni certezze; si spinge fino al dubbio iperboli-

co, ipotizzando l’esistenza di “un genio maligno che inganna gli esseri umani”

e che dà per certe cose che non lo sono, comprese le certezze della matematica.

Ma quello di Cartesio non è il dubbio scettico che portava a una “

epochè

”, a una

sospensione del giudizio di fronte all’apparire della realtà; il dubbio cartesiano

è “metodico”, porta cioè ad una certezza, quella dell’esistere, perché se dubito,

penso, se penso dunque esisto: “

dubito, cogito, ergo sum

”. Il “

cogito

” diventa così il

fondamento di ogni certezza e verità, legando in modo chiaro e distinto, “evi-

dente”, il pensiero e l’esistenza.

La prima conoscenza chiara e distinta ottenuta, ovvero che l’uomo in quanto

essere pensante è fondamento per la sua certezza stessa di esistere, conduce

Cartesio a dimostrare l’esistenza di Dio (che ha creato l’uomo essere pensan-

te) e che diviene così garante di tutte le nostre conoscenze chiare e distinte e

dunque anche del “

cogito

”.

Il razionalismo cartesiano non soddisfa però i suoi successori, come T. Hobbes

(1588-1679), che afferma il “materialismo metodologico”. Tutto ciò che esiste

per Hobbes è corpo ed è possibile conoscere solo ciò che è materiale e quindi

la conoscenza non può che fondarsi sull’esperienza. Anche B. Spinoza (1632-

1677), pur rimanendo legato al razionalismo, individua un livello superiore di

conoscenza, un nuovo metodo d’indagine: quello dell’intuizione che pensa

tutte le cose “

sub specie aeternitatis

”, ovvero sempre dal punto di vista e in relazio-

ne alla sostanza divina, da cui tutto è generato per necessità.

Ma il grande contestatore del razionalismo “geometrico” cartesiano è B. Pa-

scal (1623-1662), che giudica riduttivo e inadeguato un approccio razionale e

scientifico per indagare aspetti della realtà quali la condizione dell’uomo, il si-

gnificato della sua esistenza, il suo destino, le sue scelte morali e religiose; tutto

ciò è così complesso che non si può ridurre a questioni “geometriche”: per esse

non vale “

l’esprit de géométrie

”, ma “

l’esprit de finesse

”, non la ragione ma il cuore.

Il metodo empirico è anche dell’inglese J. Locke (1632-1704), il quale arriva

a indagare che cosa sia conoscibile realmente da parte dell’uomo. La ragione

scientifica che nella scienza aveva celebrato i suoi trionfi, inizia a riflettere sui

suoi limiti. La ragione non tutto può indagare, la conoscenza razionale è ali-

mentata da quella empirica. Compito del filosofo è scrutare il grado di affida-