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Musicoterapia e didattica

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musica e che quest’ultima abbia un ruolo comunicativo pre-verba-

le molto antico. Questo perché poche cose nel nostro cervello

sono superflue: una determinata musica, infatti, suscita in tutti (o

quasi) gli ascoltatori delle sensazioni, producendo un significato.

Inoltre, il primo messaggio sonoro che arriva al feto è il ritmo scan-

dito dal battito del cuore della madre, per cui è capace di memo-

rizzare una melodia e di riconoscere il timbro della voce materna.

Nel ventre della madre, allora, il bambino ancora piccolissimo per-

cepisce perfettamente le tre componenti della musica e alla nasci-

ta riconosce il potere calmante della ninna nanna.

La musica ha un ruolo ancestrale come strumento di comunicazione

e anche la sua interpretazione non ha un centro di decodifica specia-

lizzato, come avviene per il linguaggio parlato (il centro di Wernic-

ke). Nemmeno possiamo dire, però, che il cervello non decodifichi

il messaggio musicale: piuttosto questa funzione è lasciata all’incon-

scio e il significato è trasmesso senza mediazione al corpo (attraverso

la danza), al sistema neurovegetativo (ritmo cardiaco, pressione arte-

riosa) ed endocrino (produzione di ossitocina e di vasopressina).

1.1.2

 Il “viaggio” dell’ascolto

Ma come avviene il “viaggio” dell’ascolto? Come arrivano gli stimo-

li sonori al nostro cervello? Partendo dalla fonte sonora, il suono

arriva all’orecchio e da qui viene subito smistato all’

organo di Cor-

ti

(Figura 1). Si tratta di un organo molto complesso e duttile, pa-

ragonabile ad un piccolissimo pianoforte, ma con 15.000 tasti (le

cellule di Corti, vedi Figura 1d).

Figura 1a