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Capitolo 18

TECNICHE DI BIOLOGIA CELLULARE E MOLECOLARE

di fase

aggira questa difficoltà, rendendo più visibili oggetti

altamente trasparenti (Figura 18.6

b

). La possibilità di vede-

re le diverse parti di uno stesso oggetto dipende dalla loro

capacità di interagire con la luce in maniera diversa l’una

dall’altra. Alla base di queste differenze troviamo l’indice di

rifrazione. Gli organelli cellulari sono composti da diverse

proporzioni di varie molecole: DNA, RNA, proteine, lipidi,

carboidrati, sali e acqua. Regioni a composizione diversa do-

vrebbero avere differente indice di rifrazione. Normalmente,

però, tali differenze non possono essere percepite dai nostri

occhi. Il microscopio a contrasto di fase converte le diffe-

renze di indice di rifrazione in differenze di intensità (lumi-

nosità e oscurità relative), che sono quindi visibili all’occhio.

Il microscopio a contrasto di fase raggiunge questo risultato

(1) separando la luce diretta dalla luce diffratta dall’oggetto

e (2) facendo sì che i raggi di luce da queste due sorgenti

interfersiscano

tra di loro. La luminosità o oscurità relativa

di ogni parte dell’immagine riflette il modo in cui la luce

proveniente da quella parte del campione interferisce con la

luce diretta.

I microscopi a contrasto di fase sono particolarmente utili

nell’esame di componenti intracellulari di cellule vive ad una

risoluzione relativamente alta. Per esempio, la mobilità di-

namica dei mitocondri, dei cromosomi mitotici e dei vacuoli

può essere osservata e filmata con questa ottica. Il semplice

fatto di osservare il modo in cui piccole particelle e vacuoli

nelle cellule sono spinti in giro in maniera casuale produce

una eccitante immagine dello stato vitale, non ottenibile con

l’osservazione di cellule morte colorate. Il maggiore vantag-

gio derivato dall’invenzione del microscopio a contrasto di

fase non è stata la scoperta di nuove strutture, ma il suo uso

quotidiano, nella ricerca e nei laboratori didattici, per l’os-

servazione di cellule in un modo più dimostrativo.

Il microscopio a contrasto di fase presenta difetti ottici

che portano alla perdita di risoluzione e a vari tipi di aloni di

interferenza e ombre ai margini dove avvengono netti cam-

biamenti nell’indice di rifrazione. Il microscopio a contrasto

di fase è un tipo di

microscopio a interferenza

. Sono stati co-

struiti altri tipi di microscopi interferenziali che minimizza-

no questi artefatti ottici, ottenendo una completa separazio-

ne dei raggi diretti e diffratti con l’uso di complessi percorsi

di luce e prismi. Un altro tipo di ottica ad interferenza, detta

contrasto interferenziale differenziale (DIC)

, o a volte inter-

ferenza Nomarski, dal nome del suo progettista, dà un’im-

magine che ha un’apparente qualità tridimensionale (Figu-

ra 18.6

c

). Il contrasto nella microscopia DIC dipende dal

grado di cambiamento dell’indice di rifrazione attraverso il

campione. Di conseguenza, i margini delle strutture, dove

l’indice di rifrazione varia in modo marcato su una breve di-

stanza, si vedono con un contrasto particolarmente efficace.

La microscopia a fluorescenza

(e tecniche correlate basate sulla fluorescenza)

Nel corso dell’ultimo ventennio il microscopio ottico si è

trasformato da uno strumento atto principalmente ad esa-

minare sezioni di tessuto fissato ad uno strumento che per-

mette l’osservazione di eventi dinamici che si verificano a

livello molecolare nelle cellule viventi. Questi avanzamenti

si sono realizzati grazie agli sviluppi nel campo della

mi-

croscopia a fluorescenza

. Il microscopio a fluorescenza per-

mette di osservare la localizzazione di certe molecole (dette

fluorocromi

o

fluorofori

). I fluorofori assorbono radiazioni di

lunghezza d’onda ultravioletta, invisibile, e rilasciano parte

dell’energia in forma di luce visibile con lunghezza d’onda

maggiore, un fenomeno chiamato

fluorescenza

. Una sorgente

di luce del microscopio produce un fascio di luce ultravio-

letta che passa attraverso un particolare sistema di filtri che

impediscono il passaggio a tutte le lunghezze d’onda tranne

quelle che eccitano un fluorocromo specifico. Il raggio di

luce monocromatica viene quindi focalizzato sul campione

contenente il fluorocromo, che diventa eccitato ed emette

luce visibile che viene raccolta dalle lenti dell’obiettivo e la

focalizzano in un’immagine che si può osservare. Poiché la

luce della sorgente del microscopio a fluorescenza è ultra-

violetta, ossia nera, oggetti colorati con fluorocromi brillano

su uno sfondo scuro e l’intera immagine si presenta di in-

tenso contrasto.

Figura 18.6

Confronto tra cellule viste con differenti tipi di micro-

scopi ottici.

Foto al microscopio ottico di un protista ciliato osservato

in campo chiaro (

a

), contrasto di fase (

b

) e contrasto interferenziale

differenziale (DIC) (o Nomarski) (

c

). Il microrganismo è praticamente

invisibile con l’illuminazione in campo chiaro, ma chiaramente visibi-

le in contrasto di fase e con microscopia DIC.

(M

ICROGRAFIA

DI

M. I.

W

ALKER

/P

HOTO

R

ESEARCHERS

, I

NC

.)

(a)

(b)

(c)