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Le relazioni empatiche nel contesto educativo e formativo

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rizza il linguaggio come sede della tradizione e mezzo della

formazione, puntando, per lo sviluppo intellettuale, sul com-

prendere come attività interpretativa e guardando al sogget-

to come individualità carica di storia.

L’età dell’incertezza, delle rotture, da cui, come sappiamo

dalle varie epistemologie “postempiriste” (da Kuhn a Feye-

rabend a Bachelard a Morin), è caratterizzata anche la scien-

za, permette così alla pedagogia di ridefinirsi, di ripensare

le proprie categorie, di reinserirsi a buon diritto nell’alveo

delle scienze, di riproporsi come sapere fondamentale della

formazione. Torna il primato del soggetto, che diventa atto-

re sociale, in quanto chiamato alla creazione, all’invenzione

dello stesso

oggetto

sociale, alla scoperta di nuova democrazia,

di

pratiche

sociali e culturali inedite, in quanto dà un “sen-

so” alla stessa vita comunitaria e acquisisce, attraverso un iter

educativo, la capacità di costruire le potenzialità dell’avveni-

re. Torna un concetto di educazione che non è solo sviluppo

o assunzione di un modello o intenzione tra elementi endo-

geni ed esogeni, ma conquista, secondo le prospettive che

sempre i grandi pedagogisti, da Comenio a Pestalozzi a Fröe-

bel, hanno messo in luce: è cioè cambiamento, addirittura

metanoia e progetto di vita.

La stessa

riduzione

del concetto di Bildung a quello di “forma-

zione professionale” riceve nuovi stimoli dall’ampliamento

della sfera della professionalità, nella quale non sono pre-

senti solo elementi tecnico esecutivi oggettivi, ma anche fat-

tori personalizzanti soggettivi. L’oggettività, l’impersonale, la

conformazione, l’adattamento, la programmazione e la pia-

nificazione, che costituivano l’asse portante della formazione

fino a solo due decenni fa, sono stati travolti dal cambiamen-

to che ha investito radicalmente perfino il modo di conosce-

re dell’essere umano, mediatizzando gran parte delle attività

cognitive.