

Capitolo
2
I quesiti
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Da uno studio pubblicato il mese scorso sulla rivista PlosOne emerge, però, che la
lingua in cui viene posto il dilemma può alterare la risposta. In particolare, se il
quesito del carrello viene formulato in una lingua straniera aumenta la propensio-
ne a sacrificare l’uomo per il bene degli altri. Albert Costa e i suoi colleghi dell’U-
niversitat Pompeu Fabra di Barcellona hanno intervistato 317 persone che parlava-
no due lingue, in genere inglese più un’altra tra spagnolo, coreano e francese. Per
ogni gruppo, metà dei componenti ha risposto nella lingua madre, mentre l’altra
metà nella seconda lingua. Se tra i primi solo il 20 per cento ha detto che avrebbe
spinto l’uomo, tra i secondi la percentuale è salita al 33 per cento.
I linguisti si sono chiesti se ogni lingua codifichi i principi etici a modo suo, il che
potrebbe spiegare il risultato, ma l’effetto si è ripresentato con ogni combinazio-
ne linguistica esaminata, per cui la cultura d’origine non sembra fornire una spie-
gazione. Da altri studi era emerso che in Estremo Oriente le persone sono meno
propense a compiere un calcolo utilitaristico e in effetti nessun coreano ha rispo-
sto che avrebbe spinto l’uomo sul ponte quando la domanda è stata posta nella
sua lingua. Il 7,5 per cento, però, ha detto di sì quando la domanda era posta in
inglese. Forse la spiegazione va ricercata nel grado di conoscenza della lingua
straniera. I volontari dell’esperimento non erano bilingui, conoscevano bene la
seconda lingua, ma non alla perfezione.
Due sistemi cognitivi
Secondo molti psicologi tra cui Daniel Kahneman, Nobel per l’economia per il suo la-
voro su come si prendono le decisioni, la mente usa due sistemi cognitivi distinti, uno
per le decisioni rapide e intuitive, l’altro per le scelte più lente e ragionate. I due siste-
mi possono entrare in conflitto, come nel caso del dilemma del carrello: normalmente
le persone provano un’avversione morale a uccidere (sistema intuitivo), ma sono ca-
paci di ammettere che, in termini numerici, una morte è preferibile a cinque (sistema
razionale). Quest’ultimo studio concorda con altri secondo cui parlare una lingua stra-
niera attiva il secondo sistema, a patto che non la si parli come un madrelingua. L’ipo-
tesi dell’équipe di Costa è la seguente: chi parla perfettamente una lingua formula le
frasi con naturalezza, chi usa una lingua meno conosciuta fa uno sforzo maggiore e
ragiona con più attenzione. Questo tipo di ragionamento crea una distanza psicologi-
ca ed emotiva proprio come avviene quando si sostituisce la spinta con la leva.
Al di là del preciso meccanismo mentale dietro a questi risultati, le conseguenze
potrebbero essere enormi. Lo psicologo Boaz Keysar, uno degli autori dello studio,
ritiene necessario approfondirne l’impatto sulle decisioni mediche e legali. Con la
globalizzazione, inoltre, il bilinguismo è in aumento. Quelli che parlano l’inglese sen-
za essere madrelingua (500 milioni secondo una stima) hanno ormai superato i ma-
drelingua (340 milioni). Per le comunicazioni interne le multinazionali usano l’ingle-
se anche se non è la lingua madre della maggior parte dei dipendenti. Le riunioni
delle organizzazioni come le Nazioni Unite e l’Unione europea spesso si svolgono in
lingue che non sono quelle preferite da gran parte dei partecipanti. Forse è rassicu-
rante il pensiero che sono riunioni più distaccate e razionali di quelle tra monolingui,
ammesso di non essere quello che sta per finire metaforicamente sotto un treno.
[Tratto e adattato da «Internazionale», n. 53, anno 21]
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