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Parte Terza

Prove ufficiali – II ciclo 2014/2015

ancora «vuoti» presenti sul territorio della capitale indicano la possibilità di una

crescita urbanistica anche all’interno della singola cellula amministrativa.

È pur vero, comunque, che i fenomeni legati alla

capitalità

(ovvero al riconosciuto

diritto di una città ad essere capitale e al conseguente speciale regime giuridico

attribuibile ai suoi enti di governo) non sono completamente racchiudibili all’in-

terno del gigantesco comune (soprattutto in vista di un decentramento diffusi-

vo), ma investono anche i comuni della prima cintura, più intensamente collegati

al punto di forza centrale. I comuni più esterni dell’area romana, invece, e in spe-

cial modo quelli più periferici settentrionali e orientali, sono scarsamente collega-

ti con Roma (se non per una differenziata dipendenza pendolare per motivi di

studio e di lavoro), e non rientrano neppure in un discorso reticolare variamente

interconnesso. Nell’area romana, comunque, a differenza di molti altri sistemi ur-

bani italiani e stranieri, sono scarsi i legami reticolari fra i centri, a eccezione delle

relazioni ormai non più esclusivamente unidirezionali che si vanno intessendo fra

alcune cittadine della prima corona e la capitale. Gli insediamenti del versante

settentrionale dei Colli Albani, l’area meridionale con forza attrattiva su base in-

dustriale e del terziario avanzato di Pomezia, l’allineamento Monterotondo, Men-

tana, Guidonia Montecelio e Tivoli sono, in fondo, i soli nodi «limitrofi» di una

rete urbana che cerca ogni giorno di più di sviluppare una forma non più gravita-

tiva su base monocentrica e mononucleare ma, al contrario, policentrica e polinu-

cleare. Per tale via si potrebbe includere, all’interno della nuova cellula per la ca-

pitale, ritenuta necessaria, questo piccolo insieme di comuni (già indicato come

area metropolitana da Paratore e altri, 1995), individuando un’area decisamente

più ristretta rispetto all’intera provincia di Roma.

La città-regione recentemente proposta da Merloni (1996), invece coincidente

con l’attuale provincia, interessando un’area complessiva di 5352 km

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con una

densità di popolazione di appena 706 ab./km

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, vorrebbe includere all’interno

dell’area della capitale anche centri estremamente periferici e decisamente esclu-

si dalla vita della capitale. Da un punto di vista geografico la locuzione di città-

regione richiama alla mente quanto scrivevano ormai trent’anni addietro Cesare

Saibene e Giacomo Corna Pellegrini (1967), i quali individuavano in questa espres-

sione (in cui la regione non è un organismo amministrativo bensì geografico) la

diffusione del fenomeno urbano in una realtà regionale già dotata di propria ca-

ratterizzazione urbana e da questa differenziavano la regione-città. Al contrario

di quanto definito dai due geografi, in questo caso la cittàregione non rappresen-

terebbe un territorio sul quale la capitale espande la sua

capitalità

(in quanto va-

ste aree rurali sono quasi incapaci di rispondere alla diffusione urbana) ma, piut-

tosto, una nuova espressione amministrativa con scarsa rispondenza sul territorio.

Si ritiene, quindi, che la soluzione migliore risieda nella trasformazione dell’area

metropolitana romana (di ampiezza ristretta) in regione, lasciando il resto della

provincia romana all’interno della regione Lazio. Le ipotesi possibili, visto il polie-

drico dibattito scientifico e politico, non riescono a rispondere contestualmente

a tutte le esigenze, ma l’esigenza pratica della gestione della capitale impone una

scelta decisa e oculata. Il rischio che si corre nel rimanere nell’immobilismo, come

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