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Capitolo

2

 I quesiti 

425

B.

dell’intero comune di Roma in area metropolitana

C.

di tutta la provincia di Roma in area metropolitana

D.

di tutta l’attuale provincia di Roma nella ventunesima regione italiana

Testo 2

La scoperta della civiltà micenea

Fino a circa la metà del secolo appena terminato non esisteva alcun dubbio: le

origini della civiltà greca andavano cercate a partire dal momento in cui, attorno

al 1000, i Dori, la popolazione giunta dal nord, si era stanziata in terra greca. Ma

oggi sappiamo con certezza che, prima di quella data, era già fiorita – e tramonta-

ta – un’altra civiltà greca: quella tradizionalmente chiamata, dal suo centro mag-

giore, civiltà micenea, e negli ultimi anni, forse più correttamente, civiltà “achea”

(dal termine con il quale i poemi omerici chiamano abitualmente i Greci).

L’avventurosa storia della scoperta della civiltà, che seguendo la tradizione conti-

nueremo a chiamare micenea, prende le mosse dalle avventure, notissime, di

Heinrich Schliemann, il mercante tedesco che scoprì le rovine di Troia.

Schliemann era, se mai ve ne fu uno, un autodidatta e un dilettante. Aveva impa-

rato il greco da solo, a cinquant’anni, leggendo Omero, e si era convinto che i

poemi non potevano aver raccontato delle favole: la guerra di Troia era esistita, e

doveva avere lasciato delle tracce.

Nel 1870, quando si mise alla ricerca della città distrutta dagli Achei nella località

di Hissarlik, nel nord dell’Anatolia, l’intero mondo dell’antichistica sorrise: ma

Schliemann, Omero alla mano, individuò il luogo della città di Priamo.

Anche se, in realtà, l’installazione da lui individuata era molto più antica di quella

omerica, egli aveva dato inizio a una ricerca che avrebbe portato alla luce ben

nove successive installazioni, rivelando che, in effetti, in quel luogo era esistita,

era stata più volte distrutta e ricostruita, una grande città. E gli scavi condotti

dopo la sua morte rivelarono che la città omerica era quella attualmente indicata

dagli archeologi come Troia VII A.

Confortato dall’incredibile successo, nel 1874 Schliemann iniziò gli scavi a Mice-

ne, la capitale del regno di Agamennone, e nel 1876 trovò il famoso cerchio di

tombe nel quale, tra gli altri tesori, stava una maschera funeraria in oro (ora con-

servata al Museo Nazionale di Atene), che, senza alcuna esitazione identificò

come quella di Agamennone; e al re di Grecia, quindi, inviò un celebre telegram-

ma in cui comunicava di aver visto il volto del re di Micene. Di nuovo, gli antichisti

sorrisero: ma anche se tale identificazione sarebbe stata ridimensionata dai critici

(e anche se egli stesso la ridimensionò), la fede di Schliemann in Omero aveva

dato i suoi frutti. E altri ne avrebbe dati negli anni a venire.

Dopo aver visto i ritrovamenti di Schliemann, a “Micene la ricca d’oro”, come giu-

stamente la chiamava Omero, Arthur Evans (il secondo tra gli studiosi la cui vi-

cenda segnò una tappa fondamentale nella scoperta della civiltà greco-micenea),

si convinse che una società che produceva simili gioielli – e nella quale, quindi,

esisteva una ben precisa e altissima specializzazione del lavoro – doveva necessa-

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