

3.
Storia
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zione del Sinai. Il governo israeliano, nel 1982 attaccò il sud del Libano dove
l’OLP aveva le sue basi e riuscì a scacciare i
fedayn
, costretti ancora una volta
a spostarsi, stavolta in Tunisia.
In quel periodo anche l’area del Golfo Persico era sconvolta da guerre. Nel
1980, infatti, la Repubblica Islamica sorta in
Iran
dalla rivoluzione ispirata
da Khomeini fu attaccata dall’
Iraq
del dittatore
Saddam Hussein
, sostenuto
dall’Occidente e dai Paesi arabi moderati, timorosi di una diffusione della
rivoluzione khomeinista. La guerra si concluse nel 1988, dopo aver provocato
un milione di morti, senza significativi cambiamenti nella linea di confine
tra i due Paesi. Saddam Hussein decise allora di invadere il
Kuwait
(ago-
sto 1990), piccolo Stato del Golfo Persico, ma ricchissimo di petrolio, che
rivendicava come una provincia del suo Paese. Dopo un inascoltato ultima-
tum dell’ONU e il fallimento di numerosi tentativi di mediazione, scoppiò nel
gennaio 1991 la
guerra
del Golfo
, con l’intervento di una forza militare mul-
tinazionale, sotto l’egida delle Nazioni Unite e guidata dagli Stati Uniti (alla
quale prese parte anche l’Italia) che costrinse il dittatore iracheno a ritirarsi
dal Kuwait, del quale fu subito ripristinata l’indipendenza.
Nel frattempo, quando re Hussein di Giordania decise di non rivendicare più
per sé la Cisgiordania (facente parte dei “territori occupati”) e di migliorare i
rapporti con Israele, nei territori di Gaza e della Cisgiordania, occupati dall’e-
sercito israeliano, si diffondeva l’
Intifada
(in arabo “risveglio”), la cosiddetta
“rivolta delle pietre”: i palestinesi, muniti di sassi e bastoni, si opponevano
all’esercito israeliano. La
prima
intifada
si concluse con gli
accordi
di Oslo
(1993) siglati tra Arafat e il primo ministro israeliano Rabin, con cui l’OLP
riconosceva lo Stato d’Israele e quest’ultimo si impegnava a ritirare le proprie
truppe dalla striscia di Gaza e dalla Cisgiordania, su cui avrebbe governato
la costituenda
Autorità Nazionale Palestinese
, presieduta da Arafat fino alla
sua morte (2004). Nonostante tali intenzioni, però, il processo di pace in Pale-
stina è proseguito tra alterne vicende: da una parte gli insediamenti dei coloni
ebrei nei territori occupati aumentarono (in violazione degli accordi di Oslo)
e dall’altra continuarono gli attentati dei
kamikaze
palestinesi
(terroristi sui-
cidi) di
Hamas
, la più agguerrita organizzazione della guerriglia palestinese,
ostile ad ogni accordo. Nel 2000 la visita provocatoria di Sharon − leader
conservatore e poi primo ministro di Israele dal 2001 al 2006 − alla Spianata
delle Moschee per rivendicare la sovranità israeliana su quel luogo scatenò
la
seconda
intifada
. Nel 2005 Sharon, ponendosi su posizioni più moderate,
decise di ritirarsi da Gaza ma la vittoria nell’anno successivo alle elezioni
politiche in Palestina di Hamas, considerata dalla maggior parte dei paesi
occidentali un’organizzazione terroristica, interruppe nuovamente il processo
di pacificazione. La vittoria di Hamas sul partito moderato
al-Fatah
fu dura-
mente condannata dalla comunità internazionale e determinò l’imposizione