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Parte Seconda

I bisogni educativi speciali

www.

edises

.it

Le attività di sostegno didattico

Esistono poi manifestazioni che, in rapporto all’età di insorgenza, costituiscono indica-

zioni assolute per un’immediata valutazione più approfondita: l’assenza di lallazione e di

gesti con funzione comunicativa dopo i

12 mesi

; la mancata pronuncia di parole singole

dopo i

16 mesi

, o di associazioni spontanee di due parole dopo i

24 mesi

; la perdita di

competenze già acquisite nelle aree della comunicazione, del linguaggio e della socialità,

indipendentemente dall’età in cui si verifica.

Lucio Cottini – Bruna Lani,

Il lavoro educativo con il bambino

con sindrome autistica

, in

Una introduzione all’Educazione Speciale

,

Salute & Società, Raffaello Cortina Editore, 2009

I progressi fatti dalla ricerca scientifica mostrano che con interventi biomedici

e terapie comportamentali tempestive e aggressive i bambini possono fare enor-

mi progressi, arrivando a esprimere tutto il loro potenziale.

Non esiste un singolo trattamento, ma il migliore possibile è un

sistema di in-

terventi

composto da:

>

diagnosi precoce;

>

accertamenti biologici e medici, supporto medico e farmacologico;

>

educazione del bambino;

>

sostegno psicologico alla famiglia;

>

continuità e coordinamento tra interventi e servizi nel corso dell’intero ciclo

di vita della persona.

Le

terapie

o gli

interventi

di tipo medico ed educativo/comportamentale, ca-

librati sulle forme e sulle caratteristiche che il disturbo può assumere nei di-

versi soggetti, hanno come principale obiettivo il raggiungimento di un grado

di qualità di vita soddisfacente per la persona del disabile e la sua famiglia: si

programmano attività strutturate per ridurre lo stress e l’ansia, si coordinano

azioni riabilitative per migliorare l’autonomia e le capacità di relazione inter-

personale e, all’occorrenza, si prescrivono farmaci per alleviare le manifesta-

zioni depressive, l’iperattività, l’aggressività e gli eventuali disturbi epilettici.

L’intervento deve essere globale e investire «sia lo sviluppo

percettivo-mo-

torio

che quello

emotivo-affettivo

per avviare alla strutturazione di capa-

cità relazionali e di modalità analitico-deduttive come presupposto di una

cognitività non più istintiva e prelogica (centrata sul

senso

), ma razionale e

simbolica (basata sul

significato

2

.

11.2

Evoluzione storica degli studi sull’autismo

Il primo ad adoperare il termine «autismo» fu lo psichiatra svizzero

Eugen

Bleuer

(1857-1939) per descrivere nel 1938 una particolare forma di «chiu-

sura sociale» causata dalla schizofrenia. Nel 1943

Leo Kanner

(1894-1981),

psichiatra infantile, utilizzò il medesimo termine per indicare una sindrome

2

L

UCONI

R.,

Network di studio dell’autismo e delle psicosi infantili

.