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Parte Prima

Bambini, contesti di sviluppo e problematiche educative e didattiche

www.

edises

.it

L’

abitudine

, nella quale rientra il tessuto valoriale, inteso come insieme di regole in

cui si crede e che vengono rispettate, si trova alla base dei sistemi sociali solidi, in

quanto

consolida i sistemi di valori in prassi

, che possono essere tramandate da una

generazione all’altra. Le prassi appartenenti alle società solide rappresentano anche

il

collante che lega diverse generazioni

e radica ogni individuo nel

tessuto culturale

in cui nasce, cresce e vive.

Nella nostra società liquida, dove tutto scorre molto velocemente, ogni generazione

(a volte con differenze di meno di dieci anni) è sganciata dalle altre perché portatri-

ce di prassi differenti. Ciò comporta il fatto che le generazioni più mature smettono

di essere dei riferimenti per quelle più giovani. Manca, inoltre, il senso di apparte-

nenza radicato a un certo tessuto sociale, a causa della

forte mobilità territoriale

,

che strappa gli individui dagli affetti, inserendoli in contesti relazionali precari. La

solidità e la stratificazione affettiva il cui

humus

è rappresentato dalla sedentarietà,

vengono a mancare in una società che si muove nella direzione del

semi-nomadismo

.

Questi aspetti incidono negativamente sullo sviluppo infantile, perché le figure di

riferimento affettivo vengono ridotte ai soli genitori, venendo meno la possibilità di

crearsi durante la crescita una cerchia stabile di amici.

La stabilità e la continuità delle relazioni sono alla base del passaggio dalle emozioni

ai sentimenti.

La mobilità territoriale

, determinata da quella lavorativa, quindi, in

ultima istanza,

ostacola la formazione di sistemi di valore solidi basati su sentimen-

ti profondi

.

Altro elemento distintivo dell’organizzazione della società contemporanea, che ri-

guarda i bambini in prima persona, è rappresentato dalla

quasi totale assenza di

tempi e spazi, in cui il bambino è libero di relazionarsi ai coetanei

, senza la presen-

za-interferenza di figure adulte. L’organizzazione di attività strutturate, guidate dagli

adulti, ostacola lo sviluppo dell’autonomia, perché impedisce al bambino di impara-

re a cavarsela da solo, di andare alla “scoperta” del mondo con le sue sole forze, di

trovare in autonomia il modo di risolvere le situazioni conflittuali con i coetanei. Si

aggiunga, infine, il fatto che il

neoliberismo

, proiettato sui

bisogni dei singoli,

ha

scomposto il tessuto sociale, parcellizzandolo in

tanti piccoli nuclei

, ognuno rappre-

sentativo di un interesse particolare. Ciò ha ridotto la presenza di comportamenti

solidali, viceversa, sono aumentati l’egoismo, l’individualismo, la difesa dei propri

interessi. In un tale contesto il bambino diventa appartenente a una certa famiglia,

perché rappresentativo dei “suoi” interessi particolari, che vanno difesi a spada tratta

contro gli interessi altrui. La società contemporanea riflette gli egoismi prodotti dal

neoliberismo esasperato, che si è tradotto in globalizzazione.

Ciò produce conseguenze molto negative nell’educazione dei figli. I

bambini spesso

vengono difesi “a priori” dai genitori,

i quali si relazionano agli altri armati di spade

e saccenza. Lo stesso atteggiamento di difesa “a priori” viene adoperato nel modo

di relazionarsi con gli insegnanti a scuola. Ciò ostacola la realizzazione di

dialoghi

scuola-famiglia

proficui. L’individualismo trasferito all’interno delle famiglie impe-

disce che il bambino impari ad essere solidale, riconosca nell’altro da sé un suo pari

avente stessi bisogni, con cui scendere a compromesso. L’

iperprotezione

,

inoltre, ri-

duce i rischi di frustrazione all’interno del nucleo familiare, ma aumenta i rischi di

incapacità di

gestione della frustrazione

derivante dalle relazioni con l’esterno. Il

bambino non abituato a gestire la frustrazione all’interno del nucleo familiare, cioè