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Parte Terza Competenze didattiche e spunti operativi

ambiti accademici (università, conservatori ecc.). Solitamente la composizione si

apprende in modo

precettivo

, secondo regole e norme, un po’ come per affron-

tare l’esame della patente di guida: questo si può fare, questo è vietato… questo

è un errore… la sensibile sale sempre…

la rotonda va percorsa in senso antiorario

la settima scende...

la precedenza a destra.

.. due quinte parallele...

un incidente

Ma l’evoluzione dei linguaggi musicali è avvenuta sempre per reazione a uno

stile consolidato che ormai appariva logoro. La tanto rinomata questione degli

errori di quinte e ottave parallele, ad esempio, nasce in epoca pre-tonale, sotto

forma di una vera e propria ribellione a certi parallelismi “vuoti” caratteristici

delle epoche precedenti. Per la stessa ragione, riaffiora all’alba del XX secolo

il bisogno di riappropriarsi di questi interessanti movimenti, raramente con-

sentiti in epoca tonale (Bach

Æ

Mahler).

Tra le tante testimonianze di questo rinnovato amore per le successioni di

quinte parallele, si pensi a Giacomo Puccini e all’

attacco

del II e del III quadro

de

La bohème

; o a Maurice Ravel e al suo linguaggio armonico di “cristallo”.

A questo punto se si immagina un futuro docente di scuola media alle prese

con un arrangiamento, con la sua piccola ma variopinta orchestra, vuoi di

tastiere, vuoi di fisarmoniche, vuoi di oboi, flauti, ottoni o violini, probabil-

mente questi avrà in mente un linguaggio sonoro che rappresenti una sorta

di sintesi tra tutti i linguaggi, accogliendo tutte le possibili tecniche e non già

solo quelle accademiche. Bisognerà, quindi, tener presenti alcuni andamenti

considerati in certi ambiti corretti e in altri sbagliati.

In questa sorta di vademecum dell’invenzione compositiva si dovrà perciò

rinunciare a una trattazione approfondita e anche a un certo inquadramento

storico-stilistico: ogni linguaggio e ogni epoca possiedono una propria teoria,

una propria trattazione e una serie di elementi caratterizzanti, che possono

essere desunti soltanto dall’osservazione delle opere prodotte in quel tempo e

con quello specifico linguaggio.

Il compositore e didatta Giusto Pappacena

suole ripetere una massima culi-

naria che perfettamente si addice all’arte della composizione: “l’alta cucina è

complessità risolta”.

Questo la dice lunga sul fatto che per capire ciò che si nasconde anche dietro

una semplice successione melodica occorre dapprima arrivare a possedere

certi mezzi e poi “risolverli”, dimenticandosene.

Claude Debussy, alle critiche mosse da chi riteneva il

Prelude à l’après midi d’un

faune

un pezzo senza forma, senza costruzione, rispose: “Il pezzo ha tutte le

cose che servono perché un pezzo sia ben costruito, ma cercherete invano le

colonne; dopo averle messe, infatti, le ho tolte.”

Ovviamente per acquisire tanta complessità, occorre studiare a lungo le pra-

tiche di scrittura delle epoche passate, riconoscere il senso e le differenze nei

linguaggi dei compositori e soprattutto mettersi l’anima in pace, perché un

libro di composizione che parli di tutto non esiste.

La vera conoscenza musicale si acquista osservando, deducendo e ripetendo

ogni gesto, ogni successione armonica, ogni connessione tra il linguaggio e la