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CAPITOLO

1

Scienza, chimica e società

5

tempo hanno portato ad applicazioni in ambito civile (importantissime tra l’altro

quelle in campo medico-diagnostico).

A questo proposito è significativo il commento di K. Bainbridge, responsabile del Tri-

nity Test, effettuato il 16 luglio 1945 nel New Mexico: “Nessuno che l’abbia visto potrà

dimenticare quel laido e terribile spettacolo. Ora siamo tutti figli di puttana”. In queste

poche forti parole appare assolutamente evidente che l’uomo è totalmente responsabi-

le dell’utilizzo delle conoscenze acquisite tramite lo studio e la ricerca.

Al dibattito sulla rilevanza culturale della scienza rispetto alle discipline umanistiche

si aggiunge la percezione comune che le discipline scientifiche, prime tra tutte la

fisica, la chimica e la matematica, siano così difficili da risultare inaccessibili. Re-

sponsabile di questa percezione è il linguaggio utilizzato dallo scienziato, ricco di

tecnicismi, formule matematiche, formule chimiche, equazioni, al punto che alla

fine risulta difficile o peggio impossibile comprendere chi non ha fatto di quella

scienza la sua professione. Rende bene l’idea Carlo Bernardini, quando afferma che

se c’è “un problema di incomunicabilità, questo è dovuto soprattutto ai linguaggi,

che diventano divergenti, là dove il linguaggio scientifico si prende la sua autonomia

e lascia in soffitta il linguaggio di tutti i giorni”. Gli scienziati hanno in questo una

forte responsabilità: devono imparare a comunicare le loro scoperte, la loro scienza,

ognuno deve farsi comprendere. “L’incomprensibilità deliberata è una perversione,

una forma di ostilità gratuita verso i propri simili”

3

.

È necessario formare figure professionali che siano abili comunicatori scientifici, che

abbiano una solida e rigorosa preparazione scientifica accompagnata dalla capacità

di divulgare correttamente ed in modo “banalmente” comprensibile l’informazio-

ne

4

, l’essenza della scienza. Purtroppo, i mezzi d’informazione di massa spesso pro-

muovono notizie, o peggio ancora intere trasmissioni in cui si fa pseudoscienza; “La

denutrizione scientifica... la corriva tolleranza umanista verso l’irrazionale… questo

pensiero che bada solo a essere erudito ed elegante e non si preoccupa minimamente

del rigore semantico, può avere enormi responsabilità nella formazione dell’uomo

contemporaneo (Bernardini, De Mauro Contare e raccontare).

La divulgazione e l’insegnamento delle scienze sono fondamentali per poter costru-

ire un sapere scientifico consapevole all’interno della società

5

, al fine di formare

cittadini con una adeguata istruzione scientifica, non necessariamente professionale,

ma tale da consentire la partecipazione critica ai dibattiti pubblici su come applicare

i risultati della ricerca scientifica.

Diversi scienziati, prevalentemente fisici, sia italiani che stranieri, si sono prodigati

nella scrittura di diverse opere divulgative e sono riusciti, in modo molto efficiente, a

comunicare e promuovere le loro discipline

6

. Possiamo citare, tra gli altri, Tullio Reg-

3

 Bernardini, De Mauro,

Contare e raccontare

.

4

 Si potrebbe citare questo episodio ad una lezione di farmacologia. Il docente, alla domanda

di uno studente di chiarire la differenza tra farmaco e veleno, rispose: anche le paste alla crema,

oltre il 25° kg, possono essere letali. Concetto “banalmente” comprensibile anche ai bambini

per illustrare il legame dose-effetto.

5

 Marteen Rees,

Da qui all’infinito. Una riflessione sul futuro della scienza

.

6

 Alcune opere che l’autore ritiene particolarmente significative:

Breve storia dell’atomo

,

Come si

sbriciola un biscotto

,

Elementi

,

L’atomo diviso

.