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Capitolo 1
I principi generali del processo
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1.8
I principi fondamentali del processo civile
I principi che regolano il processo civile sono i seguenti:
>
il
principio della domanda
(artt. 99-112 c.p.c., per il quale si rinvia al par. 1.6.1);
>
il
principio del giudice naturale
(art. 25 Cost., per il quale si rinvia la par. 1.3);
>
il
principio dispositivo
: non è suf ciente proporre una domanda al giudice compe-
tente, poiché a tale potere corrisponde l’onere, per l’attore, di fornire al giudice la
prova dei fatti che giusti cano le ragioni della sua domanda. L’
art. 115 c.p.c.
stabi-
lisce, infatti, che, “salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento
della decisione le prove proposte dalle parti o dal Pubblico Ministero nonché i fatti
non speci catamente contestati dalla parte costituita. Il giudice può tuttavia, senza
bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rien-
trano nella comune esperienza”. Il giudice non può, quindi, con una sua autonoma
iniziativa, cercare le prove e farle acquisire al processo secondo il suo apprezzamen-
to individuale, ma deve attenersi a quanto le parti del processo ritengono di appor-
tare al giudizio in termini di materiale probatorio. Tuttavia, il giudice può, senza
violare tale principio, prospettare alle parti la rilevanza o utilità dell’acquisizione
al processo di materiale cui le parti, nel corso del processo, si siano riferite (Cass.
n. 12388/2000). L’
art. 115, co. 2, c.p.c.
prevede, poi, che il giudice può tuttavia,
senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che
rientrano nella comune esperienza: si tratta del cd. fatto notorio, ossia di quei dati
della realtà fattuale che si impongono alla percezione della collettività con un tale
grado di certezza da apparire indubitabili ed incontestabili;
>
il
principio del contraddittorio
: il giudice non può decidere su alcuna domanda se
la parte contro cui la stessa è rivolta non ha la possibilità di reagire alla domanda
stessa. L’
art. 101 c.p.c.
, infatti, stabilisce che “il giudice, salvo che la legge disponga
altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è
proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa. Se ritiene di porre a
fondamento della decisione una questione rilevata d’uf cio, il giudice riserva la
decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine, non inferiore a venti
giorni e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il deposito in
cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione”. Il giu-
dice, dunque, deve controllare che la parte contro cui è stata avviata un’iniziativa
giudiziaria, sia stata messa nella possibilità di intervenire al giudizio: deve dunque
controllare la regolare noti ca dell’atto introduttivo del giudizio al convenuto per
poi, eventualmente, emettere i provvedimenti necessari a regolarizzare eventuali
irregolarità;
>
il
principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato
: l’
art. 112
c.p.c.
afferma
che il giudice deve pronunciarsi sulla domanda e non oltre i limiti di essa. Ciò vuol
dire che il giudice, di fronte a più domande variamente articolate dall’attore o dal
ricorrente deve rispondere con una pronuncia puntuale su ognuna di esse, pena
la violazione dell’art. 112 c.p.c. Egli, inoltre, non può oltrepassare i limiti della
domanda attorea, pronunciando, così, su domande che allo stesso non sono state
espressamente formulate dalle parti. Non vi è violazione del 112 c.p.c. quando il
giudice dia semplicemente una diversa quali cazione giuridica al fatto corretta-
mente dedotto dalle parti processuali: una volta che la parte abbia correttamente