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Capitolo 1

I principi generali del processo

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1.6.2

Presupposti processuali dell’azione giudiziale

Sono quegli elementi che devono necessariamente preesistere all’inizio del giudizio,

ossia devono essersi veri cati prima che la domanda sia portata a conoscenza del

giudice naturale.

I presupposti processuali non condizionano la giuridica esistenza del processo, ma solo

il potere-dovere del giudice di giungere ad una pronuncia sul merito. Il giudizio civile

inizia e prosegue nell’intento di arrivare ad una sentenza che stabilisca, in modo de ni-

tivo ed inequivocabile, chi ha torto e chi ha ragione nel

caso de quo

. Se, però, determinati

elementi, come i presupposti processuali, dovessero mancare

ab initio

nel processo, allora

il naturale sbocco del giudizio sarà pur sempre una sentenza, ma non sul merito, bensì

un provvedimento sul rito, cioè incentrato non su un’attestazione sul chi ha torto e chi

ha ragione tra attore e convenuto, ma sulla c.d. improponibilità della domanda. Si pensi,

per fare un esempio, agli istituti della competenza e della legittimazione processuale. Se il

giudice adìto, nel caso concreto, manca di competenza ai sensi degli artt. 7 ss. c.p.c., allora

il giudizio si concluderà con un provvedimento che impedisce la declaratoria dell’accer-

tamento sul merito, fermandosi di fronte alla declaratoria di incompetenza. I presupposti

processuali devono esistere necessariamente al momento della domanda.

1.6.3

Condizioni dell’azione giudiziale

Sono i c.d.

requisiti di fondatezza della domanda

, e cioè i requisiti necessari af nché

l’organo giudicante possa pervenire all’emanazione di un provvedimento sul merito

con un determinato contenuto favorevole all’autore della domanda giudiziale. Anche

la mancanza delle condizioni dell’azione non impedisce affatto l’esistenza di un proces-

so, ma solo impedisce che esso si concluda con un provvedimento favorevole all’attore.

Le condizioni dell’azione sono, tra le altre:

>

l’

interesse ad agire

, di cui all’art. 100 c.p.c., il quale stabilisce che

per proporre do-

manda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse

. Tale interesse sussiste

allorquando il ricorso all’attività giurisdizionale si presenta necessario per evitare

un danno ingiusto ad un bene giuridicamente rilevante dell’attore. L’interesse ad

agire deve essere concreto ed attuale. In mancanza di interesse, la domanda sarà

dichiarata inammissibile;

>

la

legittimazione ad agire

di cui all’art. 81 c.p.c. Nel nostro ordinamento, infatti,

non si può ovviare all’inerzia altrui nel far valere un proprio diritto agendo in nome

proprio ma per conto altrui, per cui è necessario che esista una perfetta identità tra

chi agisce in giudizio (attore) e la persona cui la legge conferisce, nel caso concre-

to, il potere di agire. Questa identità prende il nome di legittimazione attiva. Dal

lato passivo, invece, occorre una perfetta identità tra il convenuto e la persona di

fronte alla quale tale potere di agire è dato.

La legittimazione

ad causam

non va confusa con la

legitimatio ad processum

, che consiste,

invece, nella capacità di stare in giudizio, per ciò che concerne, ad esempio, i minori.

Il difetto di legittimazione è rilevabile, anche d’uf cio, in ogni stato e grado del giudizio

(Cass. n. 1190/1995).

La partecipazione al processo di una parte non legittimata determina nullità della

sentenza se la decisione è basata su domande, eccezioni, allegazioni o prove che la

parte ha introdotto in giudizio e che il giudice, proprio perché essa non è legitti-