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616

Parte Seconda

Discipline giuridiche

Il diritto commerciale

www.

edises

.it

indipendentemente dal fine ideale o lucrativo. Secondo l’impostazione prevalente, affin-

ché possa parlarsi di attività economica, è essenziale unicamente che l’attività stessa sia

potenzialmente

produttiva di utili sufficienti a remunerare i fattori produttivi utilizzati; che

essa, in altre parole, sia svolta con

metodo economico

;

>

attività professionale

, in quanto tale

svolta in modo non occasionale

, ma

stabile e abi-

tuale

.

Non è necessario, però, che l’attività sia esercitata

ininterrottamente

; nel caso in cui

l’atti-

vità

sia

ciclica o stagionale

(si pensi ad uno stabilimento balneare o ad un impianto sciisti-

co i quali, naturalmente, possono funzionare solo in determinati periodi dell’anno), è

sufficiente che gli atti di impresa siano costantemente compiuti nei periodi e secondo le

cadenze proprie dell’attività svolta. Non è necessario, inoltre, che l’attività sia esercitata

in modo

esclusivo

, potendo trattarsi di attività collaterale ad altra occupazione principale;

>

attività organizzata

, costituita cioè da un insieme di beni e forza lavoro finalizzati

all’attività produttiva. Perché si possa parlare di esercizio di attività d’impresa è neces-

sario che un soggetto agisca con una sia pur minima organizzazione di beni e lavoro.

L’

acquisto della qualità di imprenditore

, essenziale ai fini dell’applicazione della

normativa di riferimento, avviene per il solo fatto di

esercitare professionalmente un’atti-

vità economica

. Secondo la dottrina prevalente l’esercizio dell’impresa ha inizio non

con l’organizzazione statica degli elementi destinati a costituire il complesso azienda-

le, bensì solo con il passaggio alla fase dinamica di utilizzazione degli stessi in modo

professionale (non occasionale).

La

capacità

di svolgere attività di impresa si acquista con la piena capacità di agire e

quindi al compimento del diciottesimo anno di età. Si perde a seguito di interdizione

o inabilitazione.

Il minore, il minore sottoposto a tutela e l’interdetto (art. 320, co. 5, c.c. e art. 371, co.

2, c.c.) non possono in alcun caso iniziare un’attività di impresa commerciale, essendo

privi della capacità di agire.

Il rappresentante legale del minore o dell’interdetto, però, può essere autorizzato dal

Tribunale a

proseguire

l’esercizio dell’attività di impresa quando ad essi pervenuta a

titolo derivativo (es. per successione ereditaria o per donazione). In questo caso, tito-

lare dell’impresa sarà l’incapace (il minore o l’interdetto), ma l’esercizio dell’impresa,

e quindi il potere di compiere tutti gli atti di gestione della stessa, spetta al suo legale

rappresentante (i genitori che esercitano la responsabilità o il tutore).

Anche l’inabilitato (art. 425 c.c.) può continuare l’esercizio di un’impresa preesistente,

previa autorizzazione del Tribunale su parere del giudice tutelare, ma non iniziare un’at-

tività d’impresa. Poiché l’inabilitato è solo parzialmente incapace di agire, egli potrà

gestire personalmente l’impresa, ma dovrà essere assistito dal curatore quando si tratta

di compiere atti di straordinaria amministrazione.

Il minore emancipato a seguito del matrimonio, infine, può non solo continuare, ma

anche iniziare un’attività imprenditoriale. È in ogni caso richiesta l’autorizzazione del

Tribunale, su parere del giudice tutelare e sentito il curatore (art. 397 c.c.). Una volta

ottenuta l’autorizzazione, l’emancipato acquista la piena capacità di agire: può esercitare

l’impresa senza l’assistenza del curatore e può “compiere da solo gli atti che eccedono l’or-

dinaria amministrazione anche se estranei all’esercizio dell’impresa” (art. 397, co. 3, c.c.).

Anche la

perdita della qualità di imprenditore

è collegata alla

effettiva cessazione

dell’attività di impresa

. In genere la qualità di imprenditore si perde quando è effet-