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edises

.it

A causa dell’evidente disparità di rapporti di forza tra il singolo lavoratore ed il da-

tore di lavoro (proprietario dei mezzi di produzione, delle informazioni più rilevanti

sul mercato di sua competenza, del potere direttivo e di controllo sui lavoratori ecc.),

il legislatore ha tradizionalmente guardato con disfavore il libero dispiegarsi dell’au-

tonomia individuale nell’ambito della regolamentazione degli interessi tra le con-

trapposte parti del contratto di lavoro. L’intento e la funzione sociale di tale scelta

era quello di impedire che, a causa della situazione di inferiorità e debolezza in cui

si trova il lavoratore, questi fosse spinto ad accettare condizioni di lavoro di qualsiasi

sorta pur di percepire il benché minimo salario. Tale situazione avrebbe avuto degli

impatti sociali particolarmente problematici, quanto meno dal punto di vista del cd.

dumping sociale

che sarebbe potuto derivare dalla regolamentazione del contratto di

lavoro alla stregua di un qualsiasi negozio giuridico bilaterale sviluppatosi in altro

ambito.

Questo è il motivo per il quale le

disposizioni di legge e quelle di derivazione ne-

goziale collettiva sono normalmente inderogabili dalle singole parti

e, dunque,

dall’autonomia individuale.

A questa regola generale si abdica, per le ragioni su esposte, nel caso in cui la disci-

plina voluta direttamente dalle parti sia maggiormente favorevole al lavoratore. In

quest’ottica vanno letti, ad esempio, gli articoli 2077, co. 2, e 2113, co. 1, c.c.

Il primo afferma che le clausole difformi dei contratti individuali, preesistenti o suc-

cessivi al contratto collettivo, sono sostituite di diritto da quelle del contratto colletti-

vo,

salvo che contengano speciali condizioni più favorevoli ai prestatori di lavoro

. Il secondo,

invece, precisa che le rinunzie e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del

prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti

o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all’art. 409 c.p.c., non sono valide.

DOTTRINA

|

Il fondamento della prevalenza e dell’inderogabilità dei contratti collettivi da

parte dei contratti individuali è stato variamente giustificato in dottrina.

Un primo orientamento ritiene che l’adeguamento dei contratti individuali a quel-

li collettivi sia automatico, in quanto con l’adesione alle associazioni sindacali il

lavoratore e il datore di lavoro conferiscono alle stesse un mandato irrevocabile

alla stipula del contratto collettivo, automaticamente assoggettandosi alle clau-

sole ivi concordate (Santoro-Passarelli). Un’altra impostazione rileva come con il

contratto di adesione al sindacato del lavoratore e del datore conferiscano allo

stesso il potere di regolare i rapporti di lavoro dei quali i singoli associati sono

parte, con la conseguenza che l’inserimento nel contratto individuale di clausole

diverse da quelle collettive potrebbe essere possibile solo con il recesso dal

sindacato (Cataudello). Infine, un ulteriore orientamento ritiene che l’inderogabi-

lità discenderebbe dal contratto collettivo stesso, in ragione della sua funzione

regolativa, ove abbia le caratteristiche proprie di tale fonte di regolazione di

interessi (Giugni).