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• chiunque brucia ri uti abbandonati o depositati in maniera incontrollata in aree non autorizzate è
punito con la reclusione da 2 a 5 anni;
• la pena, per il trasgressore, aumenta da 3 a 6 anni nel caso si brucino ri uti pericolosi;
• se i fatti sono commessi in territori che, al momento della condotta e comunque nei cinque anni pre-
cedenti, siano o siano stati interessati da dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei ri uti la
pena è aumentata no a un terzo.
È previsto, inoltre, l’aumento di un terzo, se il reato è commesso nell’esercizio di attività d’impresa.
Il titolare dell’impresa o il responsabile dell’attività comunque organizzata è responsabile anche sotto
l’autonomo pro lo dell’omessa vigilanza sull’operato degli autori materiali del delitto comunque ricon-
ducibili all’impresa o all’attività stessa. Il mezzo di trasporto usato per commettere il reato è con sca-
to. Alla sentenza di condanna consegue la con sca dell’area sulla quale è commesso il reato, se di pro-
prietà dell’autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di boni ca e ripristino dello stato
dei luoghi.
Prima della novella legislativa in esame, le fattispecie sopra descritte avrebbero potuto essere ricondot-
te ai reati previsti dal codice penale agli articoli 423, 423-
bis
, 424 e, quanto alle ipotesi aggravate, all’art.
425. Af nché si potesse con gurare il reato, tuttavia, era necessario che l’incendio fosse di proporzio-
ni e possibilità di sviluppo tali da mettere in pericolo la pubblica incolumità. Ora, ai ni della sussisten-
za del reato, si prescinde dalle dimensioni dell’incendio (anche un piccolo incendio è penalmente rile-
vante). Ciò in quanto è diverso l’interesse giuridico protetto, che non è più l’incolumità pubblica ma la
tutela dell’ambiente in generale.
9.5
Art. 257. Bonifica dei siti
Introdotta con il cosiddetto decreto Ronchi-
bis
(D.Lgs. 389/1997), la norma sanziona una con-
dotta particolare, legata all’obbligo di
boni ca dei siti inquinati
, contemplata dagli artt. 239
e seguenti e in particolare dall’art. 242.
La procedura prevista in caso di inquinamento viene attivata anche nell’ipotesi in cui tale in-
quinamento (o pericolo di inquinamento) sia stato accidentale, quindi non dovuto neppure a
colpa dell’agente. La norma non riguarda il fatto materiale dell’inquinamento, ma piuttosto
la mancata boni ca cui è tenuto chi ha causato l’inquinamento, fermo restando che è suf -
ciente che l’inquinamento sia riferibile (anche solo sul piano oggettivo, cioè materialmente)
all’agente.
In altre parole, chi inquina accidentalmente è gravato di obblighi di comunicazione e di bo-
ni ca e, se non ottempera, commette un reato. Chi inquina volontariamente, o anche solo col-
posamente, commette già solo per questo motivo un reato, ed in più è tenuto alla boni ca, con
commissione di ulteriori reati se non ottempera.
Valutando ora la sola posizione di chi abbia inquinato accidentalmente, cioè non per dolo né
per colpa, vi è innanzitutto un obbligo di comunicazione della situazione anche solo potenzial-
mente pericolosa. La comunicazione deve essere immediata, e la mancanza di essa costituisce
reato, punito con l’arresto da tre mesi a un anno e con l’ammenda da 1.000 a 26.000 euro.
Per quanto riguarda la mancata realizzazione dell’intervento di boni ca (diverso da quello di
“messa in sicurezza”, che l’agente deve attuare entro 24 ore dall’inquinamento), se la manca-
ta boni ca ha per oggetto ri uti non pericolosi la pena è l’arresto (da 6 mesi a un anno) alter-
nativa all’ammenda (da 2.600 a 26.000 euro); se i ri uti sono pericolosi, la pena è raddoppia-
ta (per i valori minimi ed anche per quelli massimi). Non sembra vi possano essere dubbi sul
fatto che la sanzione di cui all’art. 257, comma 2, si riferisca non all’omessa comunicazione
ma all’omessa boni ca.