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Insegnanti, salute negata e verità nascoste
La lettera di Gloria
Gentile dottore, grazie innanzitutto per il lavoro che svolge per gli insegnanti,
la seguo da tempo sui social e conosco le sue ricerche. Le scrivo per chiederle
un’opinione sulla mia situazione. Sono un’insegnante della primaria con
36 anni di servizio alle spalle e 59 anni di età. Ho sempre dato molto per
la scuola in termini di tempo, ansia, frustrazione e sono stata quasi sempre
considerata una buona insegnante, paziente e disponibile. Da alcuni anni il
mio rapporto con la scuola e con alcuni alunni è diventato un incubo: inson-
nia, mal di testa, pianti, fissazioni, crisi depressive con rifiuto di qualsiasi
cosa, perdita di interesse, litigi con mio marito che non sopporta più i miei
sfoghi, nessuna reale collaborazione con colleghe che minimizzano sempre le
problematiche da me sollevate.
Riflessioni
Gloria ha investito molte energie nel suo lavoro e si è accorta, all’im-
provviso, di essere in
riserva
senza che l’accensione di una qualche
spia l’avesse preavvertita per tempo. È l’errore tipico degli insegnanti
che mettono anima e cuore in quella corsa che ritengono essere sulla
media distanza.
Con le riforme previdenziali, invece, siamo passati nel giro di venti
anni (1992-2012) dalle baby-pensioni ad un’età pensionabile che ar-
riva ai 67 anni di età. In altre parole, gli insegnanti si trovano oggi
a correre, impreparati, un’interminabile maratona senza avere la
minima idea di come dosare le limitate forze in un tipo di gara che
si rivela totalmente diversa ed estenuante. Avremo pertanto sempre
più casi simili a quello di Gloria, in cui si verificheranno reazioni
negative come vergogna e isolamento anziché una positiva condivi-
sione e la ricerca di un valido supporto sul lavoro e in famiglia. Le
somatizzazioni rappresentano il corollario a un disagio cui il corpo
cercherà di reagire lanciando messaggi di conclamato malessere o
di malfunzionamento interessando qualsiasi organo del corpo. E tut-
to ciò di fronte a un ambiente familiare incapace di intendere uno
sforzo che, parimenti, è ritenuto pressoché nullo da una opinione
pubblica imbevuta di stereotipi e preconcetti.
Il seguito della lettera
Dopo l’ultimo episodio, anche parlando con mio marito, ho deciso che devo
lasciare la scuola perché sono in uno stato di depressione (ho iniziato a pren-