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Parte Seconda

L’insegnamento dell’italiano lingua non materna (L2)

www.

edises

.it

PARLATO

SCRITTO

Il “testo” parlato, orientato verso una mag-

giore informalità, ha proprie le caratteristi-

che del linguaggio “informale”: è perciò

meno controllato, organizzato, strutturato e

pianificato, il periodare è breve, tendenzial-

mente paratattico o giustappositivo, mono-

proposizionale; il lessico è più generico ed è

poco diversificato

1

.

Il testo scritto più è formale più deve essere

pianificato e controllato: durante la sua ste-

sura chi scrive può “riscrivere”, può cioè in-

tervenire sul suo testo modificandolo fino ad

una stesura definitiva che ritiene soddisfare

in modo adeguato le caratteristiche e i prin-

cipi costituitivi:

del testo scritto: scopo, coerenza, coesio-

ne, informatività, efficacia, efficienza, ap-

propriatezza;

del tipo di testo (narrativo, descrittivo, ar-

gomentativo, espositivo, regolativo) e del-

la forma testuale (ad esempio, lettera, rac-

conto di un’esperienza personale, descri-

zione di un ambiente, di una persona, di

oggetti nel racconto di un evento, appunti,

riassunto, relazione, ecc.) che si è inteso

produrre in funzione della situazione e

dello scopo comunicativi.

3.4

I processi sottesi alle abilità linguistiche ricettive (ascoltare

e leggere)

Nella comprensione si possono mettere in atto diversi tipi di processi:

a)

dall’alto

(

top-down

): sono processi di tipo deduttivo, guidati dal sistema co-

gnitivo e da modelli concettuali, quindi dalle conoscenze, dalle regole generali,

dalle aspettative, ecc. di chi ascolta o legge. In un approccio dall’alto la compren-

sione è un’attività intenzionale, interattiva: consiste nel fare previsioni circa il

contenuto del “testo” orale o scritto sulla base dell’esperienza e delle conoscenze

di cui chi ascolta o legge è in possesso e nell’utilizzare il testo stesso per confer-

1

Nel parlato conversazionale “

vengono in genere selezionate anche le congiunzioni subordina-

tive più comuni e più versatili, il cui uso è talora indebitamente esteso (si pensi al fenomeno del

che polivalente

nelle sue varie manifestazioni, più o meno marcate:

son tre giorni che non dor-

mo; prendi l’ombrello che piove; la ragazza che le ho dato il libro…);

sono comuni anche gli

anacoluti che dipendono dalla scarsa progettualità dell’espressione orale; è tipico

della sintassi

dei testi parlati anche l’uso di costruzioni marcate, che tendono a spostare elementi salienti della

frase in posizioni di particolare evidenza

(dislocazione a destra, dislocazione a sinistra)

o a ot-

tenere lo stesso effetto tramite la segmentazione di frasi semplici

(frase scissa, frase pseudoscis-

sa, c’è presentativo). […]

In merito al lessico,

[oltre che alla selezione di termini generici, ad

alta disponibilità]

se il rapporto che lega emittente e destinatario lo consente, il discorso orale si

dimostra aperto all’accoglimento di forme alterate (derivazione), di termini espressivi o disfemici,

di dialettismi, di gergalismi, di geosinonimi, di stranierismi più di quanto non lo sia l’espressione

scritta”

(Prada, 2003:148-149).