Capitolo
          
        
        
          
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          L’Europa per l’insegnamento delle lingue straniere
        
        
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          Occorre riconoscere che, nonostante le innumerevoli incertezze provocate dal
        
        
          cammino della Riforma, la scuola italiana ha guadagnato in
        
        
          
            pluriculturalità
          
        
        
          e
        
        
          
            plurilinguismo
          
        
        
          (vedi la composizione delle classi), segno tangibile delle trasfor-
        
        
          mazioni profonde della nostra società che ha imposto, il più delle volte incon-
        
        
          sapevolmente, agli insegnanti l’adozione di un atteggiamento “dialogico” verso
        
        
          l’espressività dei singoli studenti (spesso stranieri) e trasformato il pluralismo
        
        
          crescente in forme di esperienza vissuta.
        
        
          Lo stesso, però, non si può dire per la figura professionale del docente di lin-
        
        
          gua straniera, che tarda ad adeguarsi al nuovo profilo europeo ambiziosamente
        
        
          delineato negli obiettivi di Lisbona 2010, tesi a fare dell’Unione Europea la più
        
        
          avanzata società “della conoscenza”, fatta di cittadini europei del futuro, padro-
        
        
          ni di almeno due lingue comunitarie. È fin troppo evidente come la preparazio-
        
        
          ne scolastica e universitaria, intesa come conseguimento del diploma di laurea
        
        
          alla fine di un percorso quadriennale di studi (3+2), anche quando comprenda
        
        
          specifici insegnamenti di pedagogia e metodologia didattica, non sia più in gra-
        
        
          do di preparare ad affrontare le sfide imposte dalla società contemporanea.
        
        
          È altrettanto innegabile come non bastino la volontà di apprendere il “me-
        
        
          stiere” sul campo, la passione per il proprio lavoro e gli sforzi individuali per
        
        
          migliorare la propria professionalità e diventare un buon docente. L’idea, che
        
        
          si è ormai diffusa in tutto il continente, è che il docente debba seguire un per-
        
        
          corso di formazione che lo introduca nel mondo della scuola, che consolidi le
        
        
          abilità e le competenze che col tempo acquisisce una volta entrato nel sistema,
        
        
          per trovarsi infine al culmine della sua carriera, con la possibilità di diventare
        
        
          formatore.
        
        
          Nel nostro Paese quasi tutti i docenti di lingua hanno sostenuto esami univer-
        
        
          sitari in almeno due lingue straniere e hanno qualifiche per poterle insegnare,
        
        
          o almeno per accedere a sostenere l’esame di abilitazione all’insegnamento,
        
        
          sebbene non tutti posseggano la stessa padronanza in entrambe. Al di là della
        
        
          percezione e della consapevolezza personale (una lingua è stata studiata per un
        
        
          periodo più lungo, è stata approfondita con corsi all’estero e in Italia, è preferita
        
        
          perché si sono avute maggiori esperienze di insegnamento o di lavoro), in base
        
        
          alle quali il docente sceglie di essere inserito in una graduatoria per aspiranti
        
        
          insegnanti di una lingua, egli dovrebbe essere in grado, quindi, di valutare le sue
        
        
          competenze tramite indicatori oggettivi, così come previsto dal
        
        
          
            Quadro Comune
          
        
        
          
            Europeo di Riferimento
          
        
        
          che, prima di essere uno strumento di autovalutazione per
        
        
          gli studenti, dovrebbe esserlo prima di tutto per gli insegnanti.
        
        
          L’Europa, richiedendo un livello di padronanza C1 per la prima lingua e alme-
        
        
          no B2 per la seconda – ma se si sceglie di insegnare anche questa lingua è con-
        
        
          sigliabile che i livelli siano uniformi verso l’alto (C1 per entrambe) – impone la
        
        
          padronanza della lingua non solo nei suoi aspetti linguistici, ma integrata dalla
        
        
          consapevolezza del docente dell’importanza della lingua straniera nella società
        
        
          della conoscenza.