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I conflitti nel mondo arabo nel secondo decennio del Duemila

erano da ricomprendersi anche la corruzione politica, l’assenza

di democrazia, la carenza di servizi sociali, la violazione dei

diritti umani e la durezza delle condizioni di vita.

I Paesi maggiormente coinvolti dalle sommosse furono, nel

Nord Africa, la Tunisia, la Libia

e l’Egitto e, nel Medio Oriente,

la Siria, l’Iran, l’Iraq, il Libano, la Giordania, l’Arabia Saudita, il

Kuwait, l’Oman, il Bahrein

e lo Yemen.

In alcuni Paesi si cercò di contenere le sommosse prometten-

do, o avviando, riforme politico-istituzionali, come in Marocco,

in Giordania e in Oman; oppure con programmi statali di

redistribuzione della ricchezza e incremento della spesa pub-

blica, come nei Paesi del Golfo persico. Altrove, la repressione

durissima provocò centinaia di vittime. Tre capi di Stato furono

costretti alla fuga e alle dimissioni: il tunisino

Ben Alì

, l’egizia-

no

Hosni Mub

ā

rak

e lo yemenita

S

ā

leh

.

In

Egitto

, dopo la caduta del

rais

, riesplose subito la violenza

fra musulmani e cristiani copti. Anche gli scontri fra i sosteni-

tori e gli avversari di Mub

ā

rak continuarono a mietere vittime.

Le prime tornate elettorali decretarono il successo dei partiti

islamici, sostenuti dal regime iraniano e da Hamas. Nel giugno

2012 divenne presidente della repubblica Mohamed Morsi,

candidato dei Fratelli musulmani, il quale restò in carica fino al

luglio 2013, quando fu deposto dai militari in appoggio a nuove

manifestazioni di piazza. Il generale ‘Abd al-Fatt

āḥ

al-S

ī

s

ī

, arte-

fice del golpe, fu ufficialmente proclamato presidente nel 2014.

In

Iran

, il regime rispose alle proteste con un’ondata di

arresti e condanne a morte. A dominare la scena politica, all’in-

domani delle violenze di piazza, fu la polemica fra il presidente

Mahmoud Ahmadinejad

e

l’ayatollah Ali Khamenei, guida

suprema del Paese. Il motivo di maggior contrasto fu l’arre-

sto – con l’accusa di stregoneria – di Esfandiar Mashaei, il più

stretto collaboratore e confidente di

Ahmadinejad, sostenitore

di una politica laica finalizzata al ridimensionamento del clero e

approvata dallo stesso Ahmadinejad. Nel giugno 2013, fu eletto

presidente il moderato Hassan Rouhani, leader della Società