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edises

.it

Secondo la

giurisprudenza dominante

,

al di fuori delle cause di non punibilità espressamente previ-

ste dalla legge, la condotta dell’agente provocatore può essere scriminata solo se rientra nell’esercizio

di un dovere di cui all’art. 51 c.p. e, a tal ne, si ritiene necessario che l’agente abbia agito

su ordine le-

gittimo

del suo superiore e si sia limitato ad un’attività

indiretta e marginale

.

La dottrina dominante (Fiandaca-Musco, Mantovani) ritiene che l’agente provocatore

non sia punibi-

le in ogni caso

, poiché agendo all’

unico scopo

di assicurare i colpevoli alla giustizia e, dunque,

non ac-

cettando il rischio

della consumazione del reato,

esulerebbe

dalla sua sfera psichica la

coscienza e vo-

lontà

di commettere un reato. Mancherebbe dunque il

dolo di consumazione

che, si è visto, è richiesto

anche ai ni del tentativo, dunque neanche quest’ultimo sarebbe con gurabile in capo all’agente.

8.4

Concorso di persone e circostanze

Pur adottando il principio della “pari responsabilità”, il legislatore ha ritenuto opportuno am-

mettere la gradazione della pena in relazione al

ruolo

che ciascun compartecipe svolge all’in-

terno del reato. Per questo motivo, lo stesso legislatore ha previsto

circostanze aggravanti

ed attenuanti

attraverso cui graduare la pena in funzione dell’effettivo contributo di ciascun

concorrente alla realizzazione comune.

Per le

circostanze aggravanti

viene il rilievo l’art. 112 c.p., che prevede l’applicazione

obbli-

gatoria

di alcune speci che circostanze (ad esempio se il numero delle persone che concorro-

no al reato è superiore a cinque, per chi ha promosso la cooperazione); per quelle

attenuanti

,

l’applicazione delle quali è invece

facoltativa

, occorre soffermarsi sul contenuto dell’art. 114

c.p., ai sensi del quale il giudice

può

diminuire la pena nei confronti dei correi la cui opera

abbia avuto

minima importanza

nella preparazione o nell’esecuzione del reato. Secondo la

dottrina dominante, tale circostanza ricorre solo quando l’azione del compartecipe può esse-

re

facilmente sostituita

con la condotta di altre persone e quando l’apporto causale sia del tut-

to marginale, tale da risultare trascurabile nell’economia generale dell’

iter

criminoso.

Il secondo comma del citato art. 114 c.p. con gura una diversa possibilità di applicazione del-

la circostanza attenuante, rinvenibile nel caso in cui il soggetto si sia trovato in condizioni tali

da ridurre la capacità di resistenza psicologica alle altrui pressioni ed essere determinato a

commettere il reato.

L’art. 118 c.p. stabilisce che alcune delle circostanze cd. soggettive (art. 70 c.p.), ovvero le

circostanze che aggravano o diminuiscono le pene concernenti i

motivi a delinquere

, l’

in-

tensit

à

del dolo

, il

grado della colpa

e le

circostanze inerenti alla persona del colpevole

,

devono essere valutate soltanto riguardo alle persone cui si riferiscono.

Per contro, le restanti circostanze soggettive non espressamente contemplate dall’art. 118

c.p. (quelle relative alle condizioni, alle qualità personali del colpevole o ai rapporti tra il

colpevole e l’offeso) e le circostanze oggettive seguono le regole generali ssate dall’art. 59

c.p. in merito all’imputazione soggettiva delle aggravanti e all’imputazione oggettiva delle

attenuanti.

Ai sensi del successivo art. 119 c.p., le

circostanze soggettive di esclusione della pena

(come

quelle che escludono il dolo o l’imputabilità) hanno effetto solo con riguardo alla persona a

cui si riferiscono; invece, le

cause oggettive di esclusione della pena

, rilevando obiettiva-

mente, hanno effetto per tutti coloro che sono concorsi nel reato. Il riferimento è alle cause di

giusti cazione (o scriminanti) che operano per tutti i concorrenti.